“Ma che ci vai a fare?”

“Ma che ci vai a fare?”

“Hai buttato 14 euro!”

“Buon divertimento”, con risatina ironica.

Queste le frasi più simpatiche e i toni incoraggianti che mi erano state dette prima di andare a fare la mia parte, sempre e comunque, al San Paolo. Stavolta con un ospite particolare. Non era la sua prima volta, ma è come se lo fosse stata. E non poteva onorarla meglio. Dalla mattina, si sono susseguite tutte le buone notizie: massiccio turn-over, pochissimi spettatori, avversario rispettabile ma non irresistibile, proteste contro il Presidente, concerto dei 99Posse accanto quasi in contemporanea. Tutte ottime ragioni, insomma, per presentarsi all’ingresso della curva B, anello superiore, in orario perfetto e fiduciosi. Per l’occasione deck 8, invece del 4.

Tangenziale quasi libera, se non per il solito traffico da rientro dal lavoro, casello senza file, parcheggio facile e zero attese ai tornelli. Sediolini vuoti ovunque, scale laterali libere, anche ad un’ora dalla partita, steward in curva, acqua nei bicchieri, tranne quella che prendo io. Mi sono data un tono da persona speciale. Ho riconosciuto il San Paolo, praticamente, solo dalle casse pezzotte e la libera interpretazione di ciò che diceva lo speaker. Anche la formazione sarebbe stata un mistero se non avessi ricevuto una doppietta di messaggi, uno da papà e un altro dall’amicone da Verona, in cui mi si annunciava che anche Benitez avrebbe onorato l’Europa League: dentro Higuain. Ma anche Britos e Henrique sulle fasce. La passeggiata di domenica, forse, a Zuniga l’ha stancato troppo. Da quando c’è il lungomare liberato, il colombiano adora le camminate a Mergellina. E allora noi siamo costretti a vedere di nuovo Britos. Già dal quinto minuto mi mancava il passo, il doppio passo e il contropassotto di Zuzù! Ero messa veramente male.

Loro, invece, avevano una sola spina nel fianco, già ribattezzata dal San Paolo Gervinho, complice, forse, anche la maglia degli avversari. La verità è che se veramente ci fosse stato il giocatore giallorosso, non so quanti ne avremmo presi. Ma non ci pensiamo e godiamoci la serata.

Eh si! Perché appare subito evidente che la nostra difesa balla come neanche Tony Manero preso dalla febbre del sabato sera, ma di giovedì. Tant’è che noi attacchiamo e loro ci segnano per primi. Noi aggiustiamo il tiro con un rigore, con ancora il fantasma di quello parato quattro giorni prima. Il Pipita predilige ancora la sinistra, ma stavolta va a segno. Noi tiriamo un sospiro di sollievo, per lui e per noi. Ed ero, tutto sommato, tranquilla perché un amico che mi è venuto a salutare tra il primo e il secondo tempo mi aveva detto che ne avremmo fatti altri tre. E io degli amici mi fido.

In effetti, ci è andato vicino. Sul 2-1 sono riuscita a rilassarmi per un secondo, ma il pensiero fisso era: “Mertens è tropp’ fort’! Il triciclo di zeppole e panzarotti di Insigne comincia a riscaldare i motori…”. Tutto confermato dal terzo goal. L’altro pensiero, invece, era rivolto alla tipa accanto a me, con maglia camouflage di Diana, questo il nome scritto sulle spalle, conoscitrice profonda di tutti i cori, ma cantati sottovoce, probabilmente per non disturbare Rafael, e perennemente con un battito di mani fuori tempo. Sempre, costantemente, fuori tempo. Snervante. Ma divertente. Quasi quanto il tipo, qualche fila più in alto, che chiamava qualcuno in mezzo al campo: “O pisieeeee’!!! O pisieeee’!!!”.

Andiamo via con il sorriso, salutando il San Paolo per rivederlo tra una settimana, sempre di sera, e con in mente una sola domanda: “Chi cacchio è ‘o pisie’?!” Ai posteri…

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