Novanta minuti per rinascere, novanta minuti per riprendersi la scena, il palcoscenico dei grandi. Novanta minuti per sudare, lottare, vincere. Una vittoria in campionato vale tre punti sulla carta della classifica. Ma ci sono sfide e sfide e quella di ieri aveva il sapore velenoso dell’ultima spiaggia.
Appena alla giornata numero otto, il Napoli ha provato questa sensazione già parecchie volte, troppe forse. Giocare con l’ansia da risultato non è mai buono, rende le gambe più pesanti e la mente poco lucida. Non al Napoli di ieri. Il Napoli di ieri sera è sceso in campo con la rabbia dei grandi eventi. Un toro ferito più che un ciuccio azzurro. Un animale ferito ma non morto, mai. Schiumava rabbia la squadra azzurra ieri ed il gol dell’islandese Hallfredsson ha solo stuzzicato gli azzurri rendendoli ancora più feroci. Una puntura d’insetto sulla pelle dura di un toro, a stento se ne sono resi conto i giocatori azzurri.
Ha cominciato a scalciare come un forsennato il Napoli, chiudendo il Verona malcapitato nella propria area sino a sfinirlo. Una notte da pazzi al “San Paolo” con un Napoli mai domo. La squadra azzurra sembrava posseduta, tarantolata, continuava a colpire l’avversario quasi sfinito. Il pugile azzurro era in trance agonistica. Hanno dovuto fermarlo e se l’arbitro non avesse fischiato la fine chissà quanti ne avrebbero fatti ancora.
Sei i gol segnati, in numero uguale o minore a quanti ne avrebbero potuti ancora fare. Novanta minuti per liberarsi di tutte le tossine negative accumulate in questi mesi, da quell’odiata notte di Bilbao. Attendiamo un nuovo Napoli, attendiamo finalmente la squadra che vogliamo. Mercoledì è vicino, l‘Atalanta dovrà essere la prossima vittima sacrificale di un ciuccio con la forza di un toro.
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