La felicità, la disperazione: uno di fronte all’altro, senza riuscire a guardarsi negli occhi, perché in quel preciso istante, mentre intorno Bergamo è in festa, c’è un vulcano che sta bruciando el Pipita. La gioia ed il dolore (feroce): però senza mai riuscire ad incrociare lo sguardo, perché in quell’istante, in uno stadio che ribolle d’entusiasmo, Higuain resta inchiodato con lo sguardo in quel vuoto pneumatico nel quale è sprofondato e però riesce almeno ad ascoltare.
SCAMBIO DI CORTESIE – «Me la dai la maglietta?». Come riporta l’edizione odierna del Corriere dello Sport, il sì è meccanico, naturale, ma l’interlocutore resta anonimo, perché Higuain non c’è, non alza la faccia dal nulla nel quale scopre d’essere e s’accorge soltanto dopo, nello stanzone, che quel ragazzo è il «nemico carissimo» della porta accanto, di fronte. Gliela darà la maglia, e gliel’ha già data, affinché Marco Sportiello la tenga dove voglia, nella stanza d’un giovane di talento di ventidue anni o alle pareti della memoria, dovendo pur un giorno raccontarla a qualcuno, figli e nipotini compresi.
SERATA DA PROTAGONISTA – Minuto novantatré, la chiave d’una nottata, il poster (per ora) d’una carriera che gli sorride, perché le qualità ci sono ed anche l’umiltà ed anche la serenità di andare a sfidare el Pipita, mica il signor nessuno, e di volare nell’angolo per afferrarne la randellata.«Magari non ha calciato proprio benissimo, come sa fare lui: se avesse ripetuto il suo ultimo rigore, avrei potuto fare ben poco. In questi casi, comunque, è puro istinto. E nel salvataggio sulla linea, su Mertens, c’è voluta invece un po’ di fortuna». Ma mentre ormai è notte e si può tranquillamente sognare, si può anche andare a nanna a ripensarci su con la maglia che el pipita gli ha promesso.