Il calcio amatoriale è il sale di questo divertissimo sport che unisce elementi di agonismo e cooperazione di squadra. Quello della partita di calcetto è un momento per rilassare i nervi, incontrare vecchi amici e sgomberare le nuvole dai pensieri.
Quanto è accaduto ieri in un quartiere di Napoli è la negazione di quanto vi abbiamo presentato. E’ qualcosa che travalica qualsiasi deformazione di questo sport: nessuna moneta, nessuna combina, nessun calciopoli, questa volta si è andato oltre. Il pallone si è sporcato di sangue, è diventato un assurdo ma quanto scioccante pretesto per uccidere.
Ieri alle ore 18 quando nel campetto di piazzetta Lieti il calcio lascia posto alla violenza, gratuita e priva di ogni logica, anche se la violenza di per se travalica il muro della razionalità. Il pretesto che ha scaturito l’evolversi dell’escalation di brutalità durante la partita è stata una pallonata scagliata nei testicoli. Da quel momento in poi la semplice partita di calcio è diventata l’occasione ingrata per dare sfogo alla rabbia e alle intemperanze “barbariche”. In pochi minuti le due squadre sono diventate due fazioni militari, scatenando il finimondo e con l’arrivo in campo di altri ragazzi, sono comparsi anche bastoni, pistole e coltelli. Uno dei giocatori, Davide Armando D’Alessio, 19enne, sorpreso alle spalle, e’ stato accoltellato agli arti superiori e alla testa, e, medicato al Cardarelli e’ stato dimesso e giudicato guaribile in 10 giorni. La zuffa si e’ estesa ad una decina di persone, minorenni e da poco maggiorenni.
Il bilancio è pari a quello di un episodio di cronaca nera: tre feriti, un accoltellato e due in ospedale per colpi d’arma da fuoco. Tutto questo è scaturito per una banale partita di calcio? Sporcarsi le mani di sangue in seguito ad una partita di calcio è qualcosa che ha superato ogni limite di tollerabilità. Questi ragazzi hanno bucato l’anima del pallone ed hanno tinto di rosso il rettangolo che noi continueremo a chiamare di “gioco”.
Alessandro D’Auria