E’ il 30 settembre del 2000 e Napoli sogna di aver scoperto una stella.
L’occasione è un confronto che, dopo un anno di purgatorio in serie B, è il più desiderato che possa regalare il calendario: Napoli – Juventus.
Sulla corsia di destra sembra esserci un giocatore indemoniato di cui pochi ancora sanno pronunciare il nome alla perfezione: Abdelilah Saber.
«E’ il nuovo Cafù» dice qualcuno in curva B, “questo è meglio di Roberto Carlos” sussurra qualcun altro all’amico sul divano dinanzi alla tv, “quest’anno altro che salvezza, si va dritti in Europa!» pensa Zeman guardando i suoi azzurri lottare come guerrieri nel match contro la sua più grande nemica.
Quel Napoli “stellare” dura solo 55 minuti, precisamente fino al gol di Zidane che riporta in parità il risultato sbloccato da Stellone per il quale il destino brama anche una grandissima beffa.
I partenopei perderanno la gara con la Juventus e non solo quella purtroppo. La retrocessione made in Pastorello, di cui solo alcuni mesi fa si è avuta la conferma, sostituirà i sogni di Europa e di riscatto.
Per Saber nessun altro minuto da fenomeno ma soltanto 18 presenze in una stagione che porterà dritti in serie B.
Il marocchino resterà a Napoli anche nei due anni successivi in serie cadetta, accumulando altre 31 presenze, prima di passare al Torino dove terminerà la sua vita calcistica a soli 30 anni.
Il ricordo di Saber è univocamente legato a quella gara contro i bianconeri, l’immaginario collettivo napoletano associa quel Napoli che sarebbe dovuto essere al suo nome: la sorte di entrambi non regalò rose ma solo spine.
Ma proprio da quelle spine nacque il Napoli di adesso… e per questo… anche qui fu Napoli…
Antonio Manzo