Continuano ad emergere nuovi risvolti nell’inchiesta romana intitolata “Mafia capitale” e che ha scosso dalle fondamenta il capoluogo laziale e non solo. Al centro delle vicende, sempre lui, Massimo Carminati. Che si tratti di politici, di malavitosi o ultras del calcio, l’ex Nar aveva come principale obiettivo quello di fiutare buoni affari, senza preclusioni. Il calcio non poteva certamente sfuggire a questa logica.
Carminati aveva rapporti stretti sia con la tifoseria della Lazio sia con quella della Roma. I principali luogotenenti di Carminati tra le fila degli ultrà sono due: il laziale Fabrizio Piscitelli, uno dei capi storici della curva Nord noto come Diabolik, e il romanista Mario Corsi, il Marione delle radiocronache sportive, molto in voga negli ambienti del tifo romani. A svelare i retroscena è Roberto Grilli, arrestato sulla sua barca con 500 chili di cocaina a bordo e che ha dato il via all’inchiesta.
“Gli ultrà della Lazio avevano tutti i Lazio Point, erano stretti con Cragnotti che aveva messo in mano a loro tutto il merchandising della Lazio e poi quando è arrivato Lotito c’è stato un grosso scontro”. Afferma Grilli.
Le fasce estreme del tifo gestivano tutto il merchandising della Lazio, tutti i Lazio Point e incassavano molto, hanno fatto il comodo loro per anni, poi Lotito ha chiuso i rubinetti. La loro attività, riferisce Grilli, era un mix di operazioni lecite e traffici proibiti. “Era gente che faceva sia lavori legali, tipo gestire i biglietti, le trasferte, le maglie e in più pure gli impicci. Anche se non c’ho mai lavorato direttamente, però sono quelle cose che io so… se mi dite come, cosa, dove si svolgevano no, però che trafficassero sostanze ve lo do al cento per cento”.
C’è la gestione dei negozi e dei siti online, ma anche i banchetti che vendono false sciarpe della squadra e che vengono protetti, c’è la gestione delle trasferte e l’affitto delle sedi sociali. Un piatto ricco che i sodali di Carminati si sono spariti a lungo, finché i tempi non sono cambiati.