Il peso delle parole: a De Laurentiis i meriti del presente, ma la storia non va dimenticata

Mi sembra quasi in questo momento di darvi il segnale orario dello scudetto del Napoli e intanto le note del Surdat nnammurat – racconta Ameri da Fuorigrotta sull’1-1 di Napoli-Fiorentina – Lo sapete che non è stato mai l’inno di battaglia del Napoli, ma l’inno con cui i tifosi del Napoli hanno salutato le vittorie, le imprese dei loro giocatori. Risuona su tutte le gradinate dello Stadio San Paolo che è tutto uno sventolio di bandiere azzurre, tutto lo stadio è azzurro. Signori siamo giunti al 47’ e 41’’ quindi mancherebbero… ed è finita il Napoli è campione di Italia: 17:47, 10 Maggio, Napoli campione di Italia”. La storia ha voluto una data, quella in cui il Napoli di Ferlaino portò il primo scudetto ai piedi del Vesuvio. Alla guida Ottavio Bianchi, in rosa il riccioluto più famoso del Mondo, Diego Armando Maradona. Con lui De Napoli, Carnevale, Sola, Romano e tanti napoletani: da Caffarelli a Bruscolotti, capitano generoso che aveva ceduto la fascia al più grande di tutti i tempi. Una stagione di successi, fatta eccezione per qualche incidente di percorso. Napoli assaporava per la prima volta il gusto della vittoria, una città esplosa, colorata da caroselli azzurri. Una gioia indescrivibile, che portava la squadra di Diego in giro per il Mondo, davanti agli occhi dei rivali più forti.

Tra Coppa Uefa e Scudetto – Due anni dopo, il coronamento di un altro sogno, un traguardo europeo, il primo della storia azzurra. Una rottura nello spogliatoio, partenze e nuovi arrivi, tra questi Alemao che, con i nuovi compagni di squadra, si rese protagonista di un altro successo. Era la stagione 88/89, l’anno dell’Inter, ma il Napoli pensò a portare a casa un’importante Coppa Uefa. In finale c’è lo Stoccarda e, al San Paolo, Maradona e Careca ribaltano il momentaneo vantaggio dei tedeschi. Il 3-3 del ritorno è a favore degli azzurri, che abbracciano la Coppa e la portano a casa. L’anno dopo Bianchi cedeva il posto ad Alberto Bigon e con lui arrivava Zola a calmare i mal di pancia iniziali di Diego. Il Napoli chiude il girone di andata in testa alla classifica, poi raggiunto dal Milan che lo umilia a San Siro. L’8 aprile Napoli e Milan sono ad un solo punto di distanza, gli azzurri vincono a tavolino la trasferta di Bergamo con l’Atalanta, perché Alemao viene colpito da una monetina. Il Milan fermato a Verona si trova sotto, mentre il Napoli confeziona l’ennesima vittoria a Bologna. In città si torna a respirare nuovamente aria di scudetto. Il secondo, che arriverà il 24 Aprile del ’90, sotto gli occhi vigili del San Paolo, dopo la vittoria con la Lazio firmata da Baroni. Stessa emozione, stessi colori. La città torna a colorarsi d’azzurro. Quella partita fu trasmessa negli Stati Uniti e in America del Sud, Napoli torna ad essere grande.

2 scudetti e 1 Coppa Uefa, dicevamo, ma nell’umile palmares del Napoli anche 3 coppe Italia, 1 coppa delle alpi, 1 Supercoppa italiana e 1 coppa di Lega Italo-Inglese. Questa la storia azzurra, quella snobbata da chi ha attualmente preso il timone della Società, che risorgeva come SscNapoli nel 2004 grazie ad Aurelio De Laurentiis. Il noto produttore cinematografico risollevò il Napoli dopo il fallimento e la retrocessione in C1. A lui i meriti di aver creduto e investito in un progetto che ha preso forma negli ultimi anni, ma i demeriti per qualche parola che spesso tocca i napoletani nel profondo. Il paladino di Camelot, come lui si definisce, ha offuscato ancora, sulle pagine de La Repubblica, quella parte di storia che chi ha vissuto (e chi, troppo giovane, rimpiange una nascita in ritardo) conserva nel cuore. Quella storia che, nel fango e le malelingue, restituì a Partenope la fama e la bellezza. “Siamo un’entità nuova, pur avendo conservato per amore e rispetto dei tifosi il nome della società precedente- dice Aurelio De Laurentiis – Ma non siamo nati nel 1926: abbiamo solo dieci anni di vita, pure della mia, che ho dedicato e dedicherò al calcio senza pentimenti”. Confidiamo nella buona fede, ma è qui che ancora una volta quell’amore e rispetto si perde nelle parole. Guai a confondere continuità e storia.

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