“Sarti; Burgnich, Facchetti, Bedin, Guarneri, Picchi; Jair, Mazzola, Milani (Peiró, Domenghini), Suárez, Corso”: i nostri padri conoscono questa formazione a memoria, anche se non sono tifosi nerazzurri. Era la grande Inter di Helenio Herrera che per anni dominò la scena nazionale ed internazionale, vincendo Scudetti, Coppe dei Campioni e Coppa Intercontinentale. Era un altro calcio, e c’erano le bandiere certo; Tarcisio Burgnich era una di queste. Poi magari poteva capitare che un giocatore così importante – per la sua durezza nei contrasti e per la sua forza veniva chiamato la “roccia” – cambiasse squadra. Ma se si dà uno sguardo alle carriere di allora, era un evento quando ciò accadeva. Fu così allora che Burgnich, portentoso difensore friulano, passò al Napoli, accettando l’offerta partenopea dopo ben 12 stagioni all’Inter. E concludendo la sua carriera proprio qui, vestito di un azzurro che onorò per tre anni, esattamente come aveva fatto con la Nazionale: “Napoli è stata un’avventura bellissima. Quando mi chiedono della mia carriera, io potrei benissimo menzionare solo l’Inter: in fondo lì ho vinto tutto. E invece no, parlo sempre anche di Napoli. Perchè Napoli ti cambia, anche quando credi di aver visto tutto nella vita. Napoli ti rende unico, ti fa sentire speciale”, dice Burgnich in esclusiva a Spazionapoli.it. E mentre parla, quasi si commuove.
Domani al San Paolo si troveranno di fronte le sue due ex squadre. A pelle, chi passa il turno in Coppa Italia?
“Dico Napoli. Gli azzurri stanno attraversando un momento di forma ottimale, sia a livello fisico che psicologico. Di contro l’Inter è una squadra che ora come ora non offre alcuna garanzia. Anche se una gara secca può spesso sovvertire i pronostici”.
E bisogna considerare che la Coppa Italia è diventata un obiettivo imprenscindibile per i nerazzurri, se vogliono tornare in Europa.
“Volevano vincere anche domenica con il Sassuolo – dice Burgnich con un ghigno a metà tra tristezza e sarcasmo – ma credo che ci sia un grosso problema all’Inter: manca la società. Tohir è spesso via, i giocatori non hanno un punto di riferimento fisicamente presente. E un giocatore queste cose le sente, le nota. Non dico che fanno quel che vogliono, ma quel che è successo domenica dimostra una certa insofferenza”.
Bella gatta da pelare per Mancini.
“Ecco, lui può essere un valore aggiunto. Ma deve lavorare psicologicamente sulla squadra, fare gruppo, chiudersi a riccio e lasciare fuori dallo spogliatoio tutte le vicende esterne”.
Benitez invece sembra aver trovato la quadratura del cerchio. Gargano e Lopez a protezione di una difesa che resta ballerina, ma che con loro due sembra aver trovato un po’ di equilibrio in più.
“Non solo. Grazie a loro, mi sembra che il Napoli giochi meglio anche in attacco. Hamsik e de Guzman, a turno, hanno meno compiti di copertura e di fatti sono spesso tra i migliori in campo ultimamente. Ma mi faccia dire una cosa”.
Prego.
“Io vivo lontano da Napoli, ma ho letto e saputo che molto spesso Benitez è stato criticato perchè la sua squadra ha un atteggiamento troppo offensivo. Io però ho nella mente e negli occhi partite bellissime del suo Napoli. E l’anno scorso avevo una convinzione: con due acquisti, gli azzurri erano da scudetto. Ma sul mercato il club è rimasto a guardare in estate, mentre Juve e Roma continuavano a rinforzarsi. Serve un centrocampista di spessore laggiù. Uno forte forte, che faccia la differenza come la fa Higuain davanti. Ecco, se il Napoli lo prende, l’anno prossimo può davvero competere per il titolo. Fidatevi di uno che qualcosina l’ha vinta”.