Undici contro undici. Napoli contro Inter, quarti di finale di Coppa Italia o Tim Cup che dir si voglia. Formazioni in campo ed ufficiali. Pronti a leggere i ventidue in campo per plasmare mentalmente la sfida e le sfide che si potranno proporre sul campo. Fascia sinistra contro destra, centrocampo contro centrocampo in un gioco che a tratti potrebbe sembrare i quattro cantoni a cui si giocava da piccoli.
Leggi e rileggi ma c’è qualcosa che stona. Undici contro undici nel gioco delle parti, Napoli contro Milano, Sud contro Nord. Ventidue giocatori in campo, ben ventidue e due sole bandiere tricolori (bianca rossa e verde per intenderci)? Sembra impossibile anche se ormai ci si è abituati a questa prassi del nostro campionato. Come possa andare bene la nostra Nazionale ora e nei prossimi anni sembra una domanda lecita. In verità non andiamo bene da anni e l’azzurro nazionale sembra sempre di più di un blu sbiadito. L’impressione però è che se continuiamo così si rischia di non qualificarsi, più che fare brutte figure in sede di Europei o Mondiali.
Due italiani su ventidue in campo, con il Napoli (al momento terza forza del campionato dello stivale) che non schierava alcun calciatore nato tra la Val d’Aosta e la Sicilia (Maggio infortunato all’ultimo minuto forse sarebbe stato l’unico in maglia azzurra). L’Inter di Mancini andava un po’ meglio con Santon (appena acquistato) e Ranocchia (autore dell’errore sul gol del Pipita).
Spulciando quindi le panchine ci si rende conto di un altro dato, forse ancora più significativo. Otto giocatori italiani in tutto. Quarantaquattro in totale nelle rose delle due squadre, tra panchina e titolari. Quarantaquattro calciatori, otto italiani (contando anche il naturalizzato Jorginho). Sembra un dato assurdo ma purtroppo è realtà. Discorso ampio e di largo respiro, ma la domanda che ci lascia perplessi è una a questo punto.
Otto italiani su quarantaquattro, è possibile? La risposta dovrebbe essere data da chi governa questo calcio. Qualcosa sembra muoversi, qualcosa forse di troppo piccolo e speriamo non tardivo.
Antonio Picarelli