Nonostante tutto, noi ci siamo!

Dopo tre giorni siamo di nuovo qui. I tifosi sono gli unici a non avere diritto al turn over. Ma abbiamo gambe e fiato finchè volete e quindi…siamo di nuovo qui! Giocare di domenica sera non è poi così male. Soprattutto quando la vigilia non è scevra di sussulti, defezioni e solite sviste arbitrali. Si guarda cadere la Juve a Lecce dopo aver battuto per noi l’Inter domenica scorsa; si revisiona la regola del fuorigioco per Ranocchia e i nerazzurri; si assiste con un sorriso beffardo al suicidio della Roma a Genova con Ranieri che per un attimo avrebbe preferito stare nei panni del suo omonimo e mettere in scena  “Canto…perché non so vincere!”; si subisce un’ingiustizia quando RUBInho segna dopo un colpo da pallavolista in area veronese. Napoli-Catania, insomma, si preannuncia una sfida non facile, ma decisiva per allungare su alcune e ristabilire l’ingiusta distanza con altre.

Questo è lo spirito con cui ci avviamo allo stadio. Solito traffico all’uscita di Fuorigrotta, solito parcheggio ai campetti di via Terracina, solita palpatina allo zainetto all’ingresso. Questa volta ci sono anche i panini oltre ai “chicchirichì” scaramantici, lo steward ci prova quasi gusto a palpare le mie cose. Arriviamo ai tornelli e aspetto paziente l’occasionale davanti che aspetta che il tornello giri da solo. Gli dico gentilmente che deve spingere lui, che non è automatico, insomma lo sollecito per non rischiare di entrare per Napoli-Brescia!

E salendo i gradini del settore 4 si capisce che i tempi delle partite rilassanti è finito. Ore 18:15 e già le file sono completamente occupate. Per fortuna, c’è chi ha preso il posto anche per noi! Prossima volta, segneremo il territorio con lo scotch. Sentiamo quasi di meritarcelo! E il pre-partita, ovviamente, è costellato da imprecazioni anti-milaniste, da previsioni sulle dimissioni di Ranieri e sulle proteste dei tifosi giallorossi, da vitali e folli riti scaramantici, di gruppo e non.

Ore 20:00 circa entrano gli azzurri e qui le prime sorprese. Sosa rileva Lavezzi e fin qui tutto prevedibile, ma vediamo Yebda e non Gargano e ne siamo positivamente stupiti, Zuniga e non Dossena e ne siamo leggermente spaventati, sperando di non dover assistere come al solito a troppe finte e pochi cross. Nonostante tutto, siamo fiduciosi. E saremo premiati per questo.

Il fischio d’inizio è anticipato da una timida protesta che parte dalla tribuna e si estende ad una piccola parte della curva: fazzoletti bianchi contro la decisione inspiegabile di non revocare la squalifica al Pocho. Noi, invece, vogliamo guardare avanti e vincere anche senza di lui.

Il Catania si difende senza vergogna, tutti davanti alla porta e risulta difficile pensare che il calcio sia fatto anche di goal in una partita con quest’assetto tattico. E, invece, quando sei già pronto ad addormentarti con i ventidue in campo e con la panchina, ecco due pali che gelano il sangue. Il primo, del Catania, ci fa capire che la squadra avversaria si difende, ma sa anche attaccare. E questo non è buono. Il secondo invece ci fa bestemmiare in aramaico antico e ci ricorda che il Matador non è infallibile e se è andata bene con la Roma, questa volta il palo è esterno e la palla rotola fuori. Poco male, perché forse questo ci scrolla di dosso un po’ di ansia da prestazione e un po’ di effetto soporifero da catenaccio e ci porta finalmente il primo goal di Zuniga, sotto la nostra curva che esplode guardando in alto e gridando il nome del colombiano quattro volte, forse cinque. Non ricordo. Ricordo solo gli abbracci  con chi era accanto a destra, a sinistra, con la fila di su e quella di giù. Il pensiero va sicuramente a chi ci sta gufando, a chi vorrebbe vincere il campionato con gli imbrogli e a chi invece se lo suda in campo facendo gli straordinari. E oggi, vincere non è stato facile. Una metà secondo tempo angosciante, ma Napoli è una città che sa soffrire e anche chi ci rappresenta su un campo di calcio ha imparato a farlo.

In 90 minuti abbiamo imprecato per il rigore sbagliato, abbiamo perso le corde vocali per il goal di Zuniga, abbiamo temuto per una reazione parsa eccessiva di Hamsik ad una fallo di Schelotto e subito dopo abbiamo riso, nonostante la tensione, alla battuta più bella sentita stasera : “Tosel sta col vocabolario di slovacco in mano per capire se ha bestemmiato!”. E abbiamo anche assistito ad uno strascino ai danni di Cavani degno delle vaiasse di mussoliniana memoria.

Ma al triplice fischio ci liberiamo in un applauso, consapevoli che ci aspetta  una settimana di passione.

Hamsik  prima di rientrare negli spogliatoi ci regala il suo urlo di vittoria, mentre in curva si canta  “Chi non salta rossonero è!”. E per fortuna, io salto!

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