Tanti nomi e poche certezze. Il Napoli in questo periodo vaglia, osserva e scruta: la scelta del nuovo allenatore deve essere ponderata, studiata a tavolino in base alle esigenze della piazza e del progetto. I nomi si sprecano: Emery è rimasto in pole position fino a quando non ha capito le sue reali intenzioni, ovvero restare al Siviglia. Come avrebbe potuto cambiare aria dopo aver portato gli andalusi in Champions tramite l’Europa League?
E adesso? Adesso si riparte da zero. Le tre alternative sono tutte made in Italy: Prandelli, Spalletti e Sarri. Abituati a lottare più che a vincere, se si eccettua l’ex coach della Roma, che annovera sette trofei nel suo palmares. Un vincente, certo, ma nulla a che vedere con l’appeal internazionale di Rafa Benitez, arrivato nel 2013 con il titolo di re delle Coppe e partito al termine di una stagione oltremodo deludente.
E allora si riparte dai gregari, che non sempre è sintomo di un campionato mediocre alle porte. Come si può definire tale la stagione di Allegri al timone della Juventus, o di Pioli in biancoceleste? Max ha conquistato tutto con la Signora, l’ex Bologna e Chievo ha portato in alto una Lazio che fino all’anno scorso si presentava dilaniata da faide tra società e tifoseria.
Il dato singolare è che entrambi arrivavano da un esonero patito l’anno prima. Il poker di Berardi a gennaio 2014 aveva di fatto allontanato Allegri dalla panchina del Milan, Pioli era stato cacciato da Bologna per gli scarsi risultati dei felsinei, a dimostrazione che l’allenatore è spesso un capro espiatorio.
Anche Prandelli ha patito un esonero. Dopo il licenziamento come C.T. della Nazionale ha deciso, con risultati disastrosi, di ripartire dalla Turchia. Adesso sembra pronto a rimettersi in gioco per la seconda volta. Idem Spalletti, vincente in Russia ma allontanato dalla panchina dello Zenit lo scorso anno.
Entrambi accomunati dal destino di esule: Prandelli non allena nel campionato italiano dal 2010, Spalletti dall’anno precedente. Quanto è cambiata la Serie A nel corso del tempo? Pochi investimenti nei vivai, troppi stranieri, eccetera. Il sermone è ben noto.
Dulcis in fundo c’è Sarri, l’anti-divo per eccellenza. Certamente non il tipo da telecamere, ma i risultati sul campo gli danno ragione: ha portato alla salvezza l’Empoli con un gioco discreto, l’opposto del “primo non prenderle” tipico delle provinciali, e ha messo in vetrina i vari Saponara, Verdi e Rugani.
In attesa di risposte definitive dalla Spagna, il Napoli si cautela guardando al Tricolore. Il Made in Italy è pronto a tornare in pianta stabile sulla panchina azzurra dopo due anni di dominazione iberica.
Vittorio Perrone