Chi “tene o mare”, chi s’affaccia sull’Arno: Sarri contro Sousa, sorprese in cerca della definitiva consacrazione

È la rivincita dei nerds. Di quelli che usano i droni e poi passano le notti a ricontrollare il lavoro. Di quelli che curano maniacalmente tutto: alimentazione, forza fisica, attitudine mentale. Di quelli che non t’aspettavi, e che invece te li ritrovi proprio lì: con la testa alta, le spalle larghe. Ed un gioco espresso meravigliosamente su ogni campo.

Chi “tene o mare”, chi s’affaccia sull’Arno. Chi s’è fatto di sudore e gavetta, chi di tatticismo estremo dopo una vita a governare i migliori centrocampi d’Europa. Sarri e Sousa, Sousa e Sarri: amici e nemici. Prima avversari per i rispettivi posti in viola e azzurro, poi colleghi ex aequo sul podio delle sorprese. Con la vittoria più bella praticamente già acquisita: quella sullo scetticismo dei tifosi.

FIDUCIA – Si sa, il tifo d’estate lascia sempre il tempo che trova: peccato che ne trovi sempre troppo. E per quanto il gioco delle parti possa essere fondamentalmente ininfluente, le rivincite hanno il dolce retrogusto di quel buon caffè preso a fine allenamento. Eppure, di strade in salita, ne hanno avute e ne avranno. Potrebbe essere il momento giusto per godersi l’attimo, no? Macché. Neanche per sogno. Perché una volta ottenuta la fiducia, serve mantenerla. Magari pensando proprio ai primi giorni: a quel “Sousa juventino” trovato a malincuore su un pezzo di Firenze, a quell’ “obiettivo salvezza” paventato dai napoletani con fare neanche troppo sarcastico.

RIVINCITE – È il bello del calcio: alla fine, parla il campo. E solo il campo. Il resto son chiacchiere fatte per riempire giornali, per passar le ore fuori ai bar con gli amici. Col tipico “ma io ve l’avevo detto”, e nessun “ho sbagliato”. Sarri e Sousa? L’avranno presa a ridere, dall’alto dei loro trenta gol fatti (secondo miglior attacco del campionato, quello azzurro) e dei soli undici subiti (miglior difesa, la viola). E poi saranno tornati a lavoro: perché ancor prima di essere allenatori, sono entrambi lavoratori. Umili, semplici: come lo sono stati i loro maestri Sacchi e Lippi. E poi scaltri, furbi e attenti lettori della partita. Quindi, il pregio più alto di tutti: “con le palle”. E perdonerete una licenza poco ortodossa, ma infinitamente significativa.

AL SERVIZIO – C’è un qualcosa di profondamente coscienzioso in Paulo Sousa e Maurizio Sarri. A partire dal loro modo di ragionare: sempre attento, ma mai monocromatico. Il loro allenare è un insieme di tante sfumature: non c’è più il classico schema dell’allenatore ed i giocatori, è un insieme di volontà e decisioni. Un fantastico unicum: studiato e provato, che di casuale non ha neanche le presunte casualità. E che ha avuto bisogno di tempo, ma che ora è finalmente partito. Come se non fosse la squadra al servizio dell’allenatore, bensì l’esatto contrario: è il tecnico che s’adegua ai suoi ragazzi, è l’uomo – ancor prima del ruolo – a porsi completamente a disposizione di chi determinerà il suo futuro. Non da boss, ma da leader. Le differenze sono lampanti: ma non in campo, quanto fuori. Il gioco è solo la conseguenza della cura SouSarri: unione, sacrificio. E rivincite. Tutte col sorriso, tutte con il dolce retrogusto di quel buon caffé preso a fine allenamento. Fino alla prossima sorpresa.

Cristiano Corbo

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