STORIE DI CALCIO – Alexandre Villaplane, “SS Maometto” e capitano della Francia ai Mondiali del ’30 che finì fucilato a Fort de Montrouge

“Per quanto tu possa essere razionale, ci sarà sempre una favola alla quale finirai per credere”. Il calcio è una di queste. Perchè travalica i confini della logica, portandoci spesso a vivere e a essere testimoni di storie belle e talvolta struggenti, non per forza a lieto fine. In questa rubrica di spazionapoli.it ne racconteremo qualcuna, provando a sbirciare dietro le quinte del palcoscenico verde: giacchè non tutto si esaurisce lì. E dietro quel pallone che rotola in un campo, ci sono spesso storie che possono insegnare qualcosa. O che vanno semplicemente tramandate, affinchè non se ne perdano mai le tracce. Buona lettura.

Il 13 luglio 1930 è una data molto importante per gli appassionati di calcio, anche se troppo spesso dimenticata: quella domenica si giocò la prima partita di un Mondiale. All’Estadio Pocitos di Montevideo, davanti a tre mila spettatori, la Francia surclassò 4-1 il Messico, con Lucien Laurent che segnò la prima rete in assoluto di un Campionato del Mondo. Il capitano dei transalpini era Alexandre Villaplane, un giovanotto di 25 anni fiero di quei gradi che indossava con onore e abnegazione: era nato in Algeria, e potete immaginare quale fosse l’emozione di guidare la Francia, in qualità di oriundo, con quella fascia al braccio. Ma solo 14 anni dopo, Villaplane, accusato di alto tradimento, venne condannato alla fucilazione.

Nacque a Constantine, una città situata nel nord-ovest dell’Algeria. A 16 anni si trasferì in Francia, dove raggiunse una parte della sua famiglia che si era ormai stabilità lì. Iniziò a giocare per il Séte, poi al Nimes, dove gli offrirono anche un lavoro retribuito: in quegli anni il calcio non aveva nulla di professionistico, e allora per aiutare i giocatori spesso i club offrivano loro un lavoro attraverso il quale guadagnarsi da vivere. In seguito passò al Racing Club de Paris, dove ottenne – ancor prima che venisse importato il professionismo in Francia – un ingaggio da prima donna, che evidentemente gli diede alla testa: iniziò così la sua parabola discendente, frequentando i locali notturni di Parigi e sperperando i suoi soldi con le scommesse sui cavalli. Addirittura si vociferò di conoscenze non proprio occasionali con alcuni esponenti della criminalità organizzata. E così, lentamente ma costantemente, da icona del calcio francese quale era diventato, cadde nel dimenticatoio, dilapidando tutti i suoi successi.

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Proprio le corse dei cavalli sancirono la sua definitiva rovina: per uno scandalo sulle scommesse, fu rinchiuso in prigione, abbandonando – siamo nel 1935 – definitivamente la sua carriera di calciatore. E dal carcere, purtroppo, uscì ed entrò parecchie volte, a causa del suo coinvolgimento in numerose attività criminali. Si trovava nella prigione di Fresnes, nel 1940, quando il collaborazionista Henri Lafont lo selezionò per entrare a far parte della Dienstelle, emanazione della Getsapo. E quando i tedeschi ebbero occupato la Francia, Villaplane diventò uno dei capi delle cosiddette Brigate Nord Africane, che collaboravano con i nazisti contro la resistenza. Il suo carattere, fiero come quando giocava a calcio, gli valse il soprannome di “SS Maometto”. Al termine della guerra però, fu trovato e processato per una dozzina di omicidi che aveva commesso: il 1° dicembre 1944 fu condannato a morte, l’esecuzione avvenne poco dopo, nel giorno di Santo Stefano, a Fort de Montrouge, presso Arcueil.

Vincenzo Balzano

Twitter: @VinBalzano

 

 

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