Il Napoli archivia i conti al 30 giugno 2015 con un rosso di 13 milioni, rispetto al +20 milioni della stagione precedente. Dopo otto bilanci in utile consecutivi, dunque, il club di Aurelio De Laurentiis conosce il primo deficit di bilancio: colpa di fattori contingenti, come il mancato accesso alla Champions League con l’eliminazione ai preliminari per mano dell’Atletico Bilbao; ma anche di cause strutturali, come un fatturato in calo senza i dovuti investimenti su stadio e aree commerciali.
Ricavi giù. Senza Champions e senza plusvalenze da calciomercato di rilievo (il bilancio 2014 ne registrava 69,3 milioni frutto della cessione record di Cavani al Psg contro le appena 11 del 2015, inclusa quella di 9,3 milioni assicurata dal trasferimento del difensore Federico Fernadez allo Swansea), il fatturato complessivo è calato del 40%, da 237 a 143 milioni. In particolare, i ricavi da stadio sono scesi del 34%, (da 21,5 a 14 milioni). I ricavi da abbonamenti già ridottisi da 5,3 a 4,5 milioni sono destinati a calare anche nel bilancio 2016 visto che per il campionato 2015/16 ne sono stati sottoscritti circa 6 mila rispetto agli 8.429 della scorsa annata. Gli introiti dell’area commerciale hanno maturato un -5%. Sponsorizzazioni, royalties e cartellonistica hanno fruttato 28,2 milioni contro i 30 del 2014. Dagli sponsor ufficiali sono arrivati 5,7 milioni (per Acqua Lete questa stagione dovrebbe essere l’ultima). Lo sponsor tecnico Macron ha versato nelle casse del Napoli 1,5 milioni (1,9 nel 2014). A questi vanno aggiunti i ricavi del licensing pari a 5,2 milioni. Il merchandising ha pesato per 1,7 milioni, i diritti radiofonici per 300mila euro. La voce “diritti di immagine” conta invece 328mila euro a fronte dei 2,2 milioni del 2014. I diritti tv in totale hanno assicurato 77 milioni, dei quali 59 per la Serie A e 12,3 per le competizioni Uefa per il cosiddetto market pool (dalla partecipazione alle competizioni continentali sono arrivati 2,6 milioni per il preliminare Champions e 7,4 milioni per l’Europa League in cui il Napoli ha raggiungo la semifinale). Tra i proventi straordinari c’è un surplus di 5 milioni assegnato al Napoli dalla Uefa per la partecipazioni ai tornei europei della stagione 2013/14.
Costi tagliati ma ancora troppo alti. I costi della produzione sono calati da 203 a 165 milioni di euro. La riduzione è dipesa da minori investimenti per il rafforzamento della rosa che nel 2014, con Benitez in panchina, sono stati pari a 99 milioni mentre nel 2015, con l’avvento di Sarri, sono stati di soli 36 milioni. Gli ammortamenti dei cartellini, data la politica di abbatterne il valore per quote decrescenti applicata dalla società, sono diminuiti del 16% (da 63 a 50 milioni), mentre il costo del personale è sceso del 5%. Per salari e stipendi il Napoli spendeva 83 milioni nel 2014 (quando gli ingaggi avevano subito un’impennata del 33% rispetto all’anno precedente) e ne ha spesi 79,7 nel 2015. Il 98% dei costi per il personale sono assorbiti dagli ingaggi lordi dei calciatori (61,2 milioni, più 7 milioni di quota variabile legata ai premi), dell’allenatore Rafa Benitez e del suo staff (9 milioni). Il club ha risparmiato 9 milioni nel capitolo “costi per prestazioni di servizi” scesi da 24 a 15 milioni. In questo capitolo di spesa si segnala il taglio dei cosiddetti “costi specifici tecnici” (tra cui rientrano quelli per consulenze tecniche e gli osservatori) e soprattutto – va rimarcato – dei compensi per gli amministratori (che erano stati di 5,5 milioni nel 2014 e sono stati di un milione nel 2015), vale a dire per Aurelio De Laurentiis, i suoi due figli, la moglie e Andrea Chiavelli.
“Tesoretto” e prospettive. Dal punto di vista patrimoniale il Napoli che aveva riserve per 72 milioni grazie agli otto bilanci in utile precedenti, ha al 30 giugno 2015, un tesoretto di 59 milioni. Le disponibilità liquide ammontano a 49,9 milioni (depositi bancari e postali). Il club non ha debiti finanziari o verso banche. L’indebitamento totale (109 milioni) è composto soprattutto da debiti da calciomercato (72 milioni). Ci sono inoltre 71 milioni di crediti (di cui 38 da calciomercato). Il Napoli in definitiva è una società robusta patrimonialmente. Che tuttavia rischia di dilapidare con future perdite quanto fin qui costruito se ogni anno non raggiunge la massima competizione continentale o non realizza ricche plusvalenze. Con un fatturato di 143 milioni è difficile potersi permettere a lungo e senza investimenti lungimiranti una rosa da 130 milioni tra ingaggi e ammortamenti dei cartellini. Occorre investire nello stadio, nel vivaio e nella governance societaria.
Marco Bellinazzo per Il Sole 24 ore
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