I cori beceri continuano, ininterrotti, come al solito. Ogni quindici giorni, ma ormai è routine: quando il Napoli gioca in trasferta va di moda offendere, gridare “colerosi”, “terremotati”, inneggiare al Vesuvio e così via. L’odio verso Napoli ha radici profonde, calcisticamente parlando è un fenomeno, quello dei cori, in crescita esponenziale. Anche su campi che non hanno nulla a che vedere col Napoli, si sentono sfottò, se così possono essere definiti, insensati, beceri, selvaggi, barbari, incivili. Si, perché in Italia ci si riempie tanto la bocca di parole come unità, correttezza, fratellanza, ma in realtà sono tutte illusioni e niente, né una legge e forse nemmeno provvedimenti veramente duri, potrà fermare questo triste e dilagante fenomeno. Il calcio dovrebbe insegnare determinati valori, questi non sono classificabili come tali.
È appena trascorsa la settimana della querelle tra Sarri e Mancini, quella in cui il tecnico partenopeo è stato messo alla ghigliottina per aver pronunciato la parola “frocio”, termine giudicato offensivo nei confronti degli omosessuali. Allo stesso tempo è stato classificato come omofobo prima, razzista poi. Per i cori invece, chiudiamo un occhio e non commentiamo per giorni, non insistiamo, tanto sono “cose che succedono in campi di calcio”. Già, esattamente come gli insulti che, durante una partita, possono scappare a chiunque. Perché Sarri era razzista, i cori no, ovviamente. Quasi tutti hanno ignorato che, parlando di razzismo per la parola detta da Sarri a Mancini, si è automaticamente sottinteso che gli omosessuali sarebbero una “razza”. Ci si indigna per determinate parole, che magicamente hanno colpito la sensibilità di molti, anche degli insensibili, mentre non ci si vergogna del fatto che essere omosessuale, in un paese come l’Italia, sia considerato “non normale” e che queste persone non abbiano una vita con gli stessi diritti di tutti. Ma sono dettagli a cui nessuno ha pensato, in quel momento il tecnico del Napoli aveva sbagliato, si pensava solo alla punizione, facendo supposizioni e muovendo accuse.
Per i cori, ininterrotti, nessuno proferisce parola. Non meritano spazio, sono qualcosa di isolato, insignificante. Ma i “colerosi” rispondono a modo loro: sul campo. Perché c’è chi la bocca se la riempie con le parole e chi invece pensa ai fatti, pensa ad un campionato da protagonista, ad una vetta da mantenere stretta, ad un sogno da realizzare con pazienza, lavoro ed umiltà. La vita è una questione di punti di vista ed il Napoli, Maurizio Sarri e i calciatori, hanno deciso bene di non dar peso a cose che “succedono in campo” . Perché c’è chi crede di vincere cantando e chi, invece, risponde segnando e portando a casa altri tre, pesantissimi punti. Al “Vesuvio lavali” risponde una squadra che propone un bel calcio e che si lascia alle spalle tutto il superfluo. E i tifosi? Nel migliore dei modi: Un giorno all’improvviso, mi innamorai di te. Col Vesuvio, col colera. Con tutto.
GENNARO DONNARUMMA
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