Diciamo che ha avuto settimane migliori, e diciamo che ne ha avute anche di peggiori. Così, su due piedi, sovviene la finale persa in Brasile con la sua Argentina; e sempre così, sempre su due piedi, non contare tutto il percorso a braccetto con l’azzurro sarebbe sfociare nell’insolitamente usuale ipocrisia. Higuain s’è bloccato, è vero. E pure il Napoli. Ma conviene andare per gradi, e magari non gridare subito alla crisi, o darsi alla depressione galoppante. Il pari con il Milan? Benitez avrebbe proferito un candido ‘ci può stare’, e avrebbe detto bene. Il problema, semmai, riguarda tutto il resto.
CADUTA – Punti di vista, sia chiaro. Come l’eterna questione sulla Pipita-dipendenza: che c’è, sebbene sia decisamente meno marcata di quanto in realtà vorrebbero apparisse. Il Napoli non può fare a meno del suo centravanti, e le ultime apparizioni l’hanno dimostrato: per la prima volta in stagione, infatti, l’argentino ha giocato tre partite – tra campionato ed Europa League – ed in nessuna di esse ha timbrato il cartellino. Non necessariamente una notizia: lo diventa se ti chiami Gonzalo Higuain e sei il centravanti titolare della squadra con più gol in Serie A, se – appena un paio di settimane fa – potevi vantare al mondo intero uno score personale composto da ventiquattro sigilli in altrettante partite. Lo diventa se sei un marziano, ecco.
INSOFFERENZA – E come si prendono le misure ad un extraterrestre? Chiedere ad Andrea Barzagli, sabato scorso intelligente nel disinnescarlo con l’espediente più vecchio del mondo: l’anticipo. E approfittarne adesso anche di Christian Zapata: andato più di fisico rispetto allo juventino, tuttavia in grado di ottenere lo stesso risultato. Ovvero: non solo un Pipita bloccato, ma pure nervoso e scontroso. Con avversari e compagni, o forse essenzialmente con se stesso. È che una punta, senza gol, non sa stare: figuriamoci Higuain. Generosissimo nel piazzarsi sulle spalle un carico enorme di speranze e sogni, poi però lasciato sempre troppo da solo da scudieri e sorte. Come nell’occasione piovuta al minuto quarantasette del secondo tempo: via, libero per il contropiede della svolta. Peccato che voglia assumersi tutta la responsabilità, e che questa gli si sciolga addosso inzuppandolo di rimpianto. Come quando vai dall’angolo per la tripla finale, ma finisci per farlo senza troppa convinzione. Il risultato diventa pressoché scontato: fan festa loro.
ADESSO – No, il Napoli non sembra la stessa schiacciasassi di un mese fa. E tra i mille alibi, la stanchezza è ciò che sa reggere di più. Insieme alla dipendenza da Pipita, sì. Che, in ogni caso, resta un mero dato e non di certo un caso: una parabola, piccola, all’interno di una storia capace di persistere nella sua meraviglia. Del resto, l’ha detto anche Sarri: non può essere sempre al top. Neanche con tutta la volontà di questo mondo, nemmeno con tutto il talento che possiede. Tantomeno col cuore, infinito. Tocca rassegnarsi ad ammirarlo nella sua versione ‘borghese’, di tanto in tanto. Magari in attesa che nella città delle signorie torni proprio a primeggiare. Che Lorenzo faccia pure il Magnifico: per Gonzalo solo ‘sua eccellenza’.
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Cristiano Corbo
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