“Ogni uomo è come un soffio, va e viene come un’ombra”. È uno dei passi più celebri dei Salmi, una massima che ricorda a tutti la ciclicità della vita, l’inevitabilità del destino. Nessuno sfugge a questa regola: fanno eccezione solo le leggende, gli eroi, i miti, quelli che scavalcano le barriere spazio-temporali e si protraggono verso l’infinito. Ed il modo migliore per immortalarli è fare di essi oggetto d’arte. Quando tutto sarà finito, loro resteranno, indissolubili, impressi nella storia. A Napoli, uno in particolare: Diego Armando Maradona.
Ha parlato di nuovo Diego. Lo ha fatto toccando diversi punti, non dimenticando di ringraziare quel Salvatore Iodice che ha ridato vita al suo celebre murales che per anni ha accompagnato uno dei quartieri simbolo di Napoli e che è poi entrato, di diritto, nella storia della cultura partenopea.
Perché Diego è stato simbolo, indiscusso, della napoletanità nel mondo ed in fondo lo è ancora oggi. Quel popolo, il suo, quello che ha amato e che lo ha venerato in ogni forma o modo possibile, non dimentica il suo re, il suo dio e fa di tutto per ribadirlo sempre: Diego è simbolo di Napoli e come lui non c’è nessuno. La sua città, perché è giusto sottolinearlo sempre, sta vivendo un risveglio culturale paragonabile, per molti versi, al boom artistico che si ebbe a cavallo tra anni settanta ed anni ottanta. La Napoli di Diego era quella della Neapolitan Power, dei versi indimenticabili di Pino Daniele, dei suoni di Tullio De Piscopo, James Senese, Enzo Avitabile, dell’arte di Massimo Troisi e tanti altri: una città nel suo periodo di belle epoque prima di cadere in un momentaneo stato di crisi che, negli ultimi tempi, sta progressivamente venendo meno. E la rinascita passa dai quartieri, dalle strade più importanti, dai personaggi che hanno scritto pagine indimenticabili di storia di questa città in Italia e nel mondo.
E nello scorso weekend è tornato alla luce anche il murales, storico, di Diego. Quasi un atto dovuto: era un peccato vedere quella figura sbiadita e incolore. E allora, grazie ad un cittadino che si occupa da sempre di ricolorare i quartieri con le proprie immagini caratteristiche, in meno di ventiquattro ore Diego è tornato artisticamente alla luce e venerdì quattro sarà ufficialmente inaugurato. Perché i simboli non devono, non possono morire. La vera cultura è nel popolo: l’arte prende vita magicamente tra le masse popolari, lì vive e splende, nasce e si evolve. Diego ha amato la gente di Napoli, i bambini, i ragazzi, quelli che gli ricordavano i quartieri della sua Buenos Aires, quelli cresciuti per strada inseguendo un sogno. E lui è stato il loro sogno per anni, e per molti ancora oggi lo è, anche per chi non l’ha conosciuto: il sogno di un bambino, a tutti gli effetti. Diego, simbolo immortale di quella cultura popolare che, a Napoli più che da altre parti, ha un valore inimmaginabile.
GENNARO DONNARUMMA