È sempre Juventus-Napoli. In campionato, sul mercato e anche a livello di settore giovanile. I bianconeri hanno vinto il loro nono Torneo di Viareggio, battendo un brillante Palermo, trascinato dal bomber La Gumìna, per 3-2. Magari il Viareggio non avrà più il prestigio di una volta, magari sarà solo un piccolo riconoscimento nella vita di un futuro calciatore, mentre è un grande risultato più per la società vincitrice. Resta il fatto che è la vetrina più importante per le squadre Primavera: insomma, un passo comunque significativo (e, se vogliamo, simbolico). Il Napoli, quest’anno, non ha presenziato, guardando da casa la Juve scendere in campo, vincere e convincere. L’immagine del Torneo di Viareggio 2016 è questa: i bianconeri, i rivali calcistici più significativi, che alzano la coppa. Allora, viene spontanea una domanda: quale futuro attende il Napoli?
Occorre una premessa: un club di prima fascia, che aspira ad essere sempre più competitivo, ha necessariamente bisogno di avere le spalle coperte. Non basta primeggiare in campionato, non basta andare in Europa ogni anno, tra Champions ed Europa League. Occorre soprattutto avere un futuro garantito, investire sui giovani, sulle strutture. Il che significa che si ha necessariamente bisogno di avere un settore giovanile all’altezza di ogni situazione. Limiti a parte, la Primavera di Saurini assente al Viareggio è, inevitabilmente, una macchia per il Calcio Napoli nella sua totalità. Erano presenti tante squadre, tra cui anche le cosiddette grandi, dalla Juve vincitrice all’Inter, il Napoli no. Il livello del torneo si sarà anche abbassato, ma una vetrina come il Viareggio è troppo importante per essere saltata così. I motivi dell’assenza? Tanti, forse troppi.
Anzitutto c’è mancanza di veri, e consistenti, investimenti sul settore giovanile, a cominciare dalle strutture. Il Napoli non possiede centri di proprietà, tutto gira intorno al Centro Sportivo di Sant’Antimo. La Primavera si allena a Lusciano, non a Castel Volturno: basti pensare che una società come la Roma ha il settore giovanile che si allena a Trigoria, a pochi metri dal campo in cui corrono Totti, Salah e via dicendo. La Lazio si allena a Formello, il Catania (oggi in Lega Pro) e la Reggina (Serie D) hanno ottimi centri di allenamento; il Novara ha costruito Novarello, a tutti gli effetti un gioiello di centro sportivo, l’Atalanta ha rimodernato Zingonia poco tempo fa, il Torino sta riportando alla luce il vecchio Filadelfia per farne un centro sportivo moderno. Al Napoli occorrono strutture all’avanguardia, assolutamente di proprietà, in cui si possa lavorare costantemente sui giovani e dove, soprattutto, si abbia la possibilità di maturare da un punto di vista calcistico e professionale. Passino anche problemi burocratici che nel napoletano sono all’ordine del giorno, ma una soluzione va trovata al più presto, per il futuro di una intera società che, anche se vincesse cinque scudetti di fila, avrebbe comunque dietro di sé molti limiti. Insomma, la perfezione finanziaria, tanto cara al presidente De Laurentiis, c’è eccome. Mancano altri, piccoli dettagli che farebbero (e faranno, ci si augura) la differenza. Il Napoli ora deve ragionare in grande: non basta vincere in Serie A, non basta vincere in Europa. Si deve avere il coraggio di investire per ottenere, un domani, guadagni e frutti sperati. Insomma bisognerebbe saper osare un po’ di più ed investire con convinzione e decisione su quello che, a tutti gli effetti, in una squadra che si rispetti, è il futuro.
Altri investimenti devono riguardare i calciatori. Ad oggi, la Scugnizzeria è solo un sogno, nulla di concreto, un concetto semplicemente abbozzato e mai realmente applicato. Il modello Barcellona è un miraggio, un obiettivo irragiungibile anche per differenze culturali tra due paesi, e due modi di fare calcio, totalmente diversi. Con la struttura giusta, e con i ragazzi giusti, si potrebbe anche applicare un modello simile a quello dei catalani ma per ora è solo utopia. È un bene investire sui calciatori della Campania, un bene investire su giovani napoletani, ma anche altre piste dovrebbero essere considerate. Ad esempio punture sui giovani talenti delle squadre europee e mondiali. Basti pensare alla Juventus che, nell’affare Tevez-Boca, ha strappato agli argentini Guido Vadalà (peraltro decisivo in finale, n.d.r).
Questo significa programmazione, questo significa pensare al futuro, questo significa vincere oggi e assicurarsi una vittoria anche domani: ad oggi, all’ombra del Vesuvio, ciò non accade: per i ragazzi manca un progetto. Il Napoli non è più quello dei primi anni duemila ma una solida realtà: tanti risultati sono stati raggiunti ed un grande lavoro ha portato già i suoi frutti ma ora occorre una svolta, è necessaria, per le sorti di una società che deve completarsi a trecentosessastagradi per rientrare, a tutti gli effetti, nella elite del calcio europeo e mondiale. Il settore giovanile pare sempre più abbandonato a se stesso, privo di considerazione. E basta andare a Sant’Antimo e fare il confronto con altri campi di Italia (a questo proposito la Primavera dell’Inter ha una media ascolti da Serie A): gli azzurrini sono seguiti da uno spaurito gruppo di presenti, per lo più amici e genitori e pochi altri interessati. Non c’è alcun interesse, sarà mica complice il livello della squadra? Ebbene si: perché, senza voler offendere, il livello della Primavera azzurra resta molto basso. Sarebbe veramente troppo prendersela con i ragazzi che, ogni giorno, fanno tanti sacrifici per inseguire i loro sogni. Il discorso è che si è passati, in un brevissimo lasso di tempo, da una squadra in finale di Coppa Italia (con Roberto Insigne e Gennaro Tutino, per citarne due) ad un’altra che non riesce a qualificarsi, per due anni consecutivi, per i play-off ed anzi, latita nei bassifondi della classifica. Perché è tutto un discorso di mentalità: che, evidentemente, ancora manca. Passi anche il fatto che, escludendo la Primavera dal Viareggio, si è voluto tutelare i ragazzi. Ma una società ha, in primo luogo, il ruolo di educare i ragazzi, di stimolare la competizione, di far sì che migliorino. Passi anche che, escludendosi dal Viareggio, il Napoli abbia voluto tutelare ragazzi non pronti per una competizione di un certo livello. Ma ciò sarebbe, in questo caso, un fallimento e non si farebbero né gli interessi dei ragazzi né quelli della società stessa.
Non c’è organizzazione, non ci sono investimenti concreti, il livello non si alza, l’asticella non sale. Basti pensare che, durante il Viareggio, i ragazzi di Saurini hanno partecipato al triangolare Città di Gragnano, terminando poi secondi, alle spalle del Picerno. Occorrono, oltre ai sopracitati investimenti, chiarezza e ordine, un progetto serio e concreto e la reale intenzione di investire tanto. Rivoluzioni su rivoluzioni, un allentatore legato agli azzurri da un contratto quinquiennale che da tempo non propone gioco e si affida solo agli spunti dei singoli (e quando questi mancano, i risultati non arrivano): il Napoli di oggi paga ancora la gestione Bigon e Gianluca Grava, in questo senso, si sta dando molto da fare per portare giovani di assicurata prospettiva nella società partenopea (da ammirare, a questo proposito, il lavoro cominciato con i classe 2000, n.d.r).
L’anno prossimo, con ogni probabilità, il Napoli tornerà in Champions League quindi ciò significa che la Primavera sarà impegnata, nuovamente, nella Youth League. Con quali premesse, dato che ci si troverà di fronte le compagini giovanili più forti e preparate? È necessario non tenere il passo delle grandi di Europa, ma raggiungere lo stesso livello. E non solo con la prima squadra ma con tutte le squadre della società, partendo dalla Primavera. Il calcio si evolve, il presente è già irrimediabilmente futuro. Ad una società come il Napoli manca un ultimo tassello per completare il mosaico. Perché gli azzurrini, prossimamente, non potranno essere più assenti negli appuntamenti che contano. E che, alla fine, non si pongano più domande sul futuro: che ci siano solo risposte concrete.
GENNARO DONNARUMMA
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