Costruita un’identità, sarà difficile cancellarla. Il Napoli si guarda allo specchio e sa sempre riconoscersi, anche se indossa un abito insolito. Orfano di Higuain, non di un interprete qualsiasi, ha subito dimostrato agli scettici come il risultato non cambia pur variando l’ordine degli addendi. Al Pipita nessuno vuole rinunciare in futuro, ma i grandi club devono saper prescindere dai singoli. “Gli uomini passano, le idee restano. Cammineranno sulle gambe di altri uomini”. La saggezza di Giovanni Falcone in una sigaretta tra le dita di Maurizio Sarri.
Un motore di idee ed emozioni questo piccolo miracolo azzurro. Alle pendici del Vesuvio si è tornato ad insegnare calcio, a proporre il proprio credo in giro per l’Italia costringendo gli altri (persino la Juventus) ad adeguarsi, non viceversa. Un cambio di prospettiva epocale quello introdotto dal mister toscano. In un calcio odierno dove il fatturato la fa da padrone, lavoro e abnegazione ancora riescono ad appianare gap a prima vista troppo evidenti. Nell’arguzia tattica, nel volontà di essere padroni del proprio destino e nel rapporto proficuo tra allenatore e uomini simbolo dello spogliatoio sono stati coltivati sogni e abbattuti record, anche in chiave europea. Il Napoli non era stato costruito per vincere, eppure lotterà fino alla fine. Comunque vada, oltre ad essere profondamente orgogliosi, c’è da essere fiduciosi per l’avvenire. La risposta offerta contro il Verona è solo un indizio. La strada è tracciata. Bisogna solo essere abili a seguirne la traiettoria.
E’ chiaro che la scalata verso la perfezione è sempre una sfida utopistica. Infatti, con grande umiltà, è giusto che tutti esaminino i propri errori nell’ottica di un continuo miglioramento. A partire da alcune scelte societarie, discutibili soprattutto nelle decisioni assunte durante la sessione di gennaio pur sapendo il girone di ferro che ci attendeva. Lo stesso Sarri, amante della propria visione e dei suoi attori, ha fatta fatica talvolta a modificare il suo spartito, risultando prevedibile se studiato con giudizio. La gestione del nervosismo e delle relazioni pubbliche va riconsiderato a bocce ferme, ma in questo caso solo l’esperienza costante sotto la luce dei riflettori potrà essere di supporto. Proprio su quest’aspetto e su alcune carenze caratteriali gli azzurri hanno probabilmente ceduto il passo ai rivali. La bellezza a volte lascia solo bagliori se non si è perennmente concentrati e spietati. E la doppia lezione in tre anni impartita dal coriaceo Atletico Madrid al Barcellona delle meraviglie (72% di possesso palla nella gara di ieri sera) è abbastanza eloquente in tal senso.
Sabato sera si va a Milano, il primo match point nella corsa al secondo posto. In trasferta contro una grande, dove finora non si è mai stati convincenti (a parte il fantastico 4-0 proprio a San Siro, sponda rossonera). Lontano dalle mura amiche si sono verificati gli unici veri capitomboli di questa stagione, le due pessime figure di Bologna e Udine. Senza il Pipita può sembrare ancora più ripida, ma c’è anche un’altra lettura. Quando manca il capitano, tutti i marinai si caricano di maggiori responsabilità per tamponare la sua mancanza. Ognuno sa di dover dare qualcosa in più alla causa, magari aprendosi al sacrificio. Un valore aggiunto che può diventare inestimabile. L’accesso alla Champions diretta non può attendere sul ciglio della strada il passaggio del 31esimo gol di Gonzalo. Siete tutti indispensabili? Occorre rispondere in coro. E le ugole sono bollenti.
Ivan De Vita
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