Un quarto di secolo, venticinque anni, una tappa importante nella vita di chiunque, qualcosa in più se sei calciatore. Talento, giovane, promessa, tutto alle spalle. La maturità è ormai alle porte. Ti abbraccia, stringe, non ti lascerà mai più. Tempo di consacrarsi, definitivamente, senza più guardare indietro.
Lorenzo Insigne compie quest’oggi venticinque anni, vissuti di petto, da predestinato. Lo scricciolo dal talento immenso scoperto da Giuseppe Santoro è cresciuto, oltre ogni scetticismo. Un futuro da protagonista nel calcio che conta guadagnato, passo dopo passo, azzannato con quel talento che va coltivato, con impegno e professionalità anche se il fisico potrebbe sollevare qualche dubbio di troppo. Le meraviglie nelle giovanili azzurre, l’esordio in prima squadra contro il Livorno sotto lo sguardo di Walter Mazzarri. Poi Cava, l’incontro con il maestro Zeman e l’esplosione tra Foggia e Pescara, mostrando all’intero panorama calcistico quanta, immensa, classe tutta made in Naples scorresse nelle sue vene. Brevilineo, rapido, visione di gioco periferica e destro incantevole. Tutto per consacrarsi, alla grandissima, in un Napoli sempre più ambizioso.
L’azzurro conquistato, voluto, solo un altro passo appunto. Perché fare la differenza in riva al Golfo, da napoletano, non è semplice, non lo sarà mai. Lo raccontano ottanta anni di storia calcistica, è tutto nelle fondamenta della millenaria Partenope sempre pronta a essere parca di soddisfazioni nei confronti dei suoi figli più meritevoli. Un rapporto complesso, quello tra Insigne ed il pubblico, ma cresciuto nel tempo. Gli screzi, ripetuti, con l’apice nella sfida contro l’Athletic Bilbao. Ma acuiti, fino a sfociare in simbiosi. Una continua evoluzione, come ovvio per un giovane, che lungo il percorso è diventato uomo, padre, dedito a consacrarsi e cementare il suo sogno. Da esempio.
Tanto lavoro, in primis tattico, con Rafa Benitez. Il ginocchio che fa crack nell’annata che sa di definitivo slancio, la forza da trovare dentro per ritornare più forte di prima, è successo. L’incontro con Sarri la fatidica chiusura del cerchio, un rapporto a pelle, stimoli continui e una presa forsennata, costante. Il risultato palese, la miglior annata in carriera: 13 reti e 11 assist in 42 presenze. Ed un pass conquistato con forza per Euro 2016, oltre lo scetticismo del cittì Antonio Conte. Protagonista con la Nazionale, anche partendo dalle retrovie, per poi ritrovare l’azzurro più tenue, ma indubbiamente più dolce. Con gli obiettivi inchiodati nella mente ed un futuro da bandiera. Ne siamo certi.
Edoardo Brancaccio