La Gazzetta dello Sport in data odierna ha pubblicato un articolo che può definirsi una vera e propria bomba: secondo fonti che hanno preferito lasciare anonime, il portiere e capitano della Juventus Gianluigi Buffon, a seguito della vittoria contro il Napoli, avrebbe pronunciato queste parole nello spogliatoio preoccupato per le prestazioni mediocri della squadra: “Ragazzi, così non si va da nessuna parte. In Italia vinciamo perché gli altri si scansano, ma in Europa non succede e non succederà. In Italia le uniche due squadre che non si sono scansate ci hanno battuto. Serve più personalità, più grinta, più voglia di aiutarsi, altrimenti ci complicheremo la vita in campionato e soffriremo in Champions“. La Juventus ha proceduto ad una smentita di rito ma la Gazzetta dello Sport non ci sta e ha risposto, proprio questo pomeriggio, ribadendo che l’articolo è assolutamente veritiero e continua a tutelare la sua fonte e le sue ragioni.
A prescindere dalle inquietanti parole riportate dal quotidiano milanese, la riflessione su alcune squadre minori che non si impegnano al massimo contro la Juventus era stata già pochi giorni fa riportata in auge dall’allenatore della Sampdoria, Giampaolo che, dopo la vittoria contro l’Inter, ha dichiarato a Sky Sport di aver lasciato i suoi uomini migliori in panchina per preservarli in vista del match in casa contro la squadra di Milano. Oltre alle considerazioni ovvie e giustissime sulla deontologia professionale e sulle norme della FIGC che obbligano ogni club a schierare gli uomini migliori disponibili, si impone una riflessione sull’abbassamento del livello medio della massima divisione italiana. Se ci sono alcuni allenatori che preferiscono schierare una formazione sulla carta inferiore significa che la forbice tra club di alta classifica e altri è oramai incolmabile, se alcune società non si sentono in obbligo di vincere sempre c’è qualcosa di più profondo che va modificato. Se si pensa che in Inghilterra, anche squadre di serie inferiori lottano fino alla morte contro squadre nettamente più forti e di categoria superiore (basta ricordare Arsenal-Reading del 2012 terminata 7-5 dopo continui capovolgimenti di fronte), si riesce a comprendere perché poi sempre meno persone seguono la Serie A, perché sempre meno investitori sono attratti da questo campionato e perché in Europa le italiane non riescono ad ottenere risultati soddisfacenti.
Insomma se si vuole migliorare la qualità del calcio italiano bisogna creare delle basi per far sì che le squadre siano costantemente invogliate a dare il meglio: perché non eliminare l’insensato “paracadute economico” che dal 2016 prevede ben 60 milioni di euro da dividere tra le tre squadre retrocesse? Premiare una squadra che è stata retrocessa in Serie B sembra una scelta difficile da digerire, se questi soldi venissero suddivisi per le posizioni superiori sarebbero garanzia di una lotta all’ultimo sangue, sportivamente parlando, dove qualsiasi club, anche il più debole sulla carta, farebbe di tutto per poter guadagnare quel danaro fondamentale per la sua sopravvivenza. In conclusione rendere maggiore il peso della meritocrazia e di conseguenza dell’impegno profuso in campo in rapporto alla suddivisione degli introiti derivanti dalla cessione dei diritti tv, potrebbe essere un incentivo per evitare che in futuro il capitano di qualche squadra debba ritrovarsi in uno spogliatoio a lamentarsi di un campionato dove le avversarie si scansano.