Intervistato da Walter Veltroni, il presidente azzurro, Aurelio De Laurentiis, ha toccato vari temi legati al suo percorso da numero uno del Napoli, partendo dai tempi della serie C fino alla partita di questa sera contro il Real Madrid.
Di seguito, l’intervista integrale a cura della redazione di SpazioNapoli:
Hai preso il Napoli nel 2004 quando era in Serie C, sono passati tredici anni. Cosa è successo in tutto questo tempo?
“In realtà non l’ho preso in Serie C, ma in un tribunale dove mi fu assegnato un foglio di carta. E io che non capivo nulla di calcio dissi “ma i giocatori dove sono?”. Il giudice mi guardava con un’aria molto strana, quasi stralunata.
Io poi che andavo di fretta perché stavamo girando un film a Gstaad ed ero venuto la mattina di corsa, volevo anche riandarmene. La presi di petto, educatamente, e gli dissi “scusi ma lei qui fa il giudice o il passacarte?” e ci fu quasi un mezzo parapiglia.
In realtà poi scoprì che dovevo farmi assegnare il vero titolo dalla Federcalcio, la quale avrebbe stabilito dove avrei dovuto giocare. Non avevo giocatori, non avevo nulla. Tra l’altro dovevo ripartire anche per Los Angeles, dove stanno finendo la post-produzione di un film complicatissimo.
Ad un certo punto ho abbandonato tutti per questa storia del Napoli, con mia moglie che era fuori dalla grazia di Dio dandomi addirittura del pazzo.
Anche i miei figli mi chiesero cosa stessi facendo, risposi loro di non rompermi le scatole. Io volevo prendere il Napoli già nel 1999 e devo ringraziarti (Veltroni, ndr) per l’occasione non colta dai presidenti.
Grazie ad un tuo decreto legge fu stabilito che i club erano società di lucro, un concetto che ha poi ribadito anche Michel Platini con il discorso del fair play finanziario.
Per club che hanno un budget almeno cinque volte superiore, i debiti accumulati vengono ripianati dalla città o in alternativa dal governo. Una cosa che in Italia è assolutamente vietato fare.
Cercammo anche una legge sugli impianti sportivi, poi la stravolsero poiché pensarono che Sensi e Lotito dovessero creare milioni di metri quadrati a danno non si sa di chi.
Fu stravolto tutto, ci hanno fregato la legge sugli stadi e oggi più si va avanti più gli impianti di calcio vengono virtualizzati attraverso strumenti come l’IPad e i cellulari”.
Oggi il bilancio del Napoli è positivo?
“Quando vedo le persone che non hanno nulla, e hanno un mito da seguire ed un affrancamento che deriva dal potersi permettere di dire il lunedì “ho vinto” non sentendosi più vessati ma riscattati. Questo mi fa pensare, che diversi momenti di schiavitù si sono ripetuti a dismisura.
In certi paesi arabi vedevo sfruttare gente che proveniva dal Bangladesh o dalla Thailandia, ai quali veniva promesso qualcosa dopo averli fatti lavorare per venti ore come succedeva ai tempi delle Piramidi, in tutto ciò rimanevo basito”.
Il motivo che ti ha spinto ad acquistare il Napoli?
“Conobbi un uomo assolutamente geniale degli uffici di mio zio Dino circa vent’anni fa. Andò da Murdoch e gli chiede di fare un network televisivo. Questa situazione mi fece pensare alla mia esperienza nel cinema e, a livello sportivo, nella pallacanestro. Non sapevo neanche cosa volesse dire 4-4-2, poi successivamente mi fu spiegato”.
Interferisci sull’aspetto tattico?
Lo faccio quando noto delle stranezze o certi favoritismi. Sono un tipo democratico, per me gioca chi merita e lo lascio fare. Eravamo una famiglia di origini napoletane e nel 1929 ci lanciammo nell’industria della pasta. Per tale motivo capì che potevamo acquistare solo il Napoli e fu così che nel 1999 sondai questa possibilità con la società dell’epoca.
L’allenatore migliore con il quale ti sei trovato meglio?
“Tutti gli allenatori hanno contribuito alla mia crescita personale. Chiunque ha pregi e difetti, alla fine sono tutti delle persone. Noi siamo graditi finché il giocattolo non si rompe. Reja aveva i suoi vantaggi così come Mazzarri.
Walter ci ha portati in Champions a giocare partite indimenticabili con giocatori dal valore economico relativamente elevato.
Anche Rafa Benitez ha contribuito alla nostra crescita, essendo lui un grande conoscitore del calcio internazionale. Probabilmente conosceva meno le dinamiche del campionato italiano, avendo avuto dei dissapori ai tempi dell’Inter.
Detto questo non posso certo lamentarmi, se Higuain non avesse sbagliato qualche rigore di troppo ci saremmo classificati secondi o terzi e non quinti”.
La scelta di prendere Sarri?
Lessi un articolo su di lui relativo al confronto delle partite nell’arco della stagione e mi chiesi “ma se uno così riesce a valorizzare giocatori poco affermati, figuriamoci se gli metto in mano gente come Higuain, Callejon, Reina farà benissimo”.
Ero folgorato dal fatto che fosse un comunista molto convinto e anche un grande lettore. E’ un tipo che vuole sentirsi responsabilizzato, e a me questo piace molto.
Mi piaceva molto anche il discorso della tuta. Dissi ben venga, così potrò chiedere più soldi alla Lete o agli sponsor. Si tratta di una pubblicità senza fine, chi la farebbe attraverso l’immagine di Sarri?”.
Un giocatore che mi piacerebbe avere?
“Non sono un tipo invidioso, anzi, cerco sempre di spingere per ciò che già possiedo. Mi piacerebbe avere quel gigante che ora si trova al Manchester United, che ebbi in qualità di ospite a Los Angeles in una cena.
È incredibilmente simpatico, nonostante sembri sempre arrabbiato. Avete capito chi è, vero?” (Si riferisce a Ibrahimovic, ndr).
Qual è il problema principale nel calcio?
“Si cerca sempre di accontentare tutti, ma alla fine nessuno è soddisfatto. Bisognerebbe attuare una nuova legge sugli stadi e creare le giuste condizioni di sicurezza, altrimenti cosa la si fa a fare?.
Ci vorrebbe anche l’istituzione di un campionato europeo composto da squadre di Spagna, Inghilterra, Francia, Germania e Italia. Se si organizzassero almeno 60 partite all’anno tra di loro, bisognerebbe diminuire le squadre dei campionati nazionali.
Lotito vorrebbe che venissero stanziati 65 milioni di euro come paracadute a chi retrocede. Spero che il ministo Lotti faccia la cosiddetta tabula rasa. Se si fanno solo piccolissime cose, rimarrà un oceano di cose non fatte”.
Insigne è l’unico italiano tra i titolari, cosa ne pensi?
“Non mi dispiace più di tanto, vorrei tanto inserire i giovani al di sotto dei 25 anni in B o in C per valorizzarli. Per quanto riguarda la Serie A, lascerei i club libero come già accade in Belgio o in Portogallo, nel senso di poter acquistare liberamente gli extracomunitari. Non capisco perché il presidente Tavecchio possa ammettere l’iscrizione di più squadre che hanno bilanci letteralmente disastrati”.
Sei favorevole alle seconde squadre?
“Sia io che Andre Agnelli siamo assolutamente d’accordo in questo senso, ma Lotito ci ha segati poiché controlla ben 14 club di serie minori. Occorrerebbe una votazione in base al numero di tifosi di ogni singola squadra.
Senza le prime sei squadre di campionato cosa si potrebbe vendere? La Serie A non esisterebbe. Le votazioni numeriche non servono, Lotito ha vissuto sempre di questo.
E’ inutile fare sempre il gioco delle tre carte, bisogna essere onesti con i tifosi, altrimenti non cambierà mai nulla e non saremo mai competitivi nel panorama europeo”.
Diecimila tifosi del Napoli a Madrid?
“Penso a chissà cosa avranno organizzato per potersi assicurare un posto” (ride, ndr).
La presenza di Maradona?
“Abbiamo parlato ed ipotizzato sul cosa si potesse fare per il Napoli, essendo che lui è un ambasciatore del partenopeismo nel mondo.
Sto sviluppando il Napoli nel mercato cinese, ma anche in Australia e negli Stati Uniti.
E’ necessario che Diego sia il nostro ambasciatore, stiamo anche verificando l’ipotesi della creazione di alcune Academy a livello mondiale“.
Ecco il video dell’intervista pubblicato dal canale Youtube della Ssc Napoli.