I quarantacinque minuti di Maurizio Sarri

Quarantacinque minuti. Suona bene, scandito sillaba dopo sillaba. Quarantacinque minuti sono racchiusi in un arco di tempo che può decidere sorti, distruggere o fomentare speranze, stabilire verdetti. In 45 minuti può cambiare tutto o nulla. Questione di vita, questione di sport. Di calcio, in particolare. E Napoli-Real è cambiata in appena 45 minuti. Forse è vero, sarà pur merito del Real, che ha avuto gli attributi per rimontare e vincere la partita. Eppure quegli attributi metaforici di cui sopra son girati agli uomini di Zidane. Come Sarri aveva promesso, d’altronde. Detto, fatto. Sarri profeta, Sarri santone di un calcio che in Italia latita.

I MERITI DI MAURIZIO SARRI

Mettere sotto il Real Madrid, pur per 45 minuti, non è arte alla portata di tutti. Neppure una pratica da sbrigare quotidianamente con meccanismi pre-impostati. Ci vuole estro, fantasia, un pizzico di follia e tanta, ma tanta innovazione calcistica. Come si domina il Real Madrid per 45 minuti? Chiedetelo a Sarri e ai suoi ragazzi, quegli sconosciuti inesperti che hanno dato battaglia e si sono fatti valere. E il Real? Ronaldo e compagni hanno vissuto tre quarti d’ora in pura agonia sportiva. Sì, merito di Sarri. Merito di un calcio veloce, rapido, fatto di due tocchi e tanta intelligenza. In orizzontale, in verticale: è tutta indifferentemente una poesia in movimento. E il goal di Mertens? Cercato, voluto, trovato e meritato. Hamsik lo imbecca servendogli un cioccolatino, lui lo scarta, deposita il pallone in rete con un diagonale chirurgico e al tempo stesso devastante.

Maurizio Sarri parla al termine della partita

(SARRI: “GLI ABBIAMO FATTO GIRARE I C…”)

Sì, è merito di Sarri se Cristiano Ronaldo e Bale toccano pochissimi palloni nel primo tempo. Se Casemiro gira a vuoto e non accumula legna o se Modric e Kroos non riescono mai ad alzare la testa per ripartire. Sì, è merito di Sarri se Benzema si trova a vagare da una parte all’altra del campo aspettando invano il suggerimento giusto. O se Marcelo è costretto a schiacciarsi e non può fungere da ala aggiunta come all’andata. Perché i ragazzi in maglia azzurra sono disposti in campo a meraviglia, mossi dal filo del burattinaio di nome Maurizio Sarri. Sono ovunque, macinano gioco, recuperano palloni, ne sprecano pochissimi e ammattiscono il Real. Sono quarantacinque minuti di spettacolo puro.

IL NOME DI MAURIZIO SARRI

E in 45 minuti può davvero cambiare tutto. Perché il nome di Maurizio Sarri dalle parti di Madrid fino a ieri lo conoscevano in tre o quattro, giusto qualche napoletano emigrante o in vacanza o in Erasmus. Oggi, invece, l’allenatore in tuta è entrato nel cuore a chi ha l’occhio attento e la sapienza di non limitarsi al risultato. Che recita 1-3, giusto. Bugiardo, sicuramente. Sì, è bastato un Sergio Ramos a scardinare tutto, a riproporre ragionamenti a posteriori che potrebbero essere evitati. Forse o quasi sicuramente andava marcato a zona, ma la certezza che non avrebbe inferto dolori non arriverà mai. Quindi si può andare fieri lo stesso.

(ZIDANE: “SOFFERTO TANTISSIMO NEL PRIMO TEMPO”

L’esultanza dei calciatori azzurri

Maurizio Sarri, la sua tuta e le sue idee si son fatti conoscere in quella magnifica vetrina che è la Champions League. Quale modo migliore per farlo se non quello di dominare i campioni d’Europa e del Mondo? Per quarantacinque minuti, sì. I 45 minuti più brutti della gestione Zidane, che in un tempo solo non aveva mai e poi mai subito ben 11 conclusioni. Il goal di Mertens è legittimo e legittimato dal palo successivo. Forse se fosse entrata sarebbe andata diversamente. Già, forse.

Sono bastati 45 minuti per ribaltare il tutto, per dare ai campioni d’Europa, gli invincibili Galacticos, il successo e il passaggio del turno. Ma è bastato lo stesso lasso di tempo per acquisire consapevolezze nuove e assaporare un’atmosfera quasi inedita da queste parti. Grazie Maurizio: un giorno potremo raccontare ai nipoti di quella volta in cui mettesti sotto scacco i campioni d’Europa. Quella volta in cui per quarantacinque minuti “glieli facesti girare”. 

Vittorio Perrone
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