Eppur si gioca: e nei ventuno giorni che hanno scaraventato il Napoli in un microcosmo sconosciuto, le fatiche fisiche e lo stress psicologico d’una partita dietro l’altra sono servite a spalancare un universo nuovo, infarcito da esigenze e metodologie distanti anni luce dal passato. Il sabato sera a Cesena ( 10 settembre) e il mercoledì a Manchester ( 14 settembre), il rientro nella notte e poi in campo alla domenica (18 settembre) con il Milan, settantadue ore per ritrovarsi a Verona ( 21 settembre) e immediatamen-te, al sabato ( 24 settembre), con la Fiorentina, prima di affrontare al martedì ( 27 settembre) il Villarreal e per chiudere il tour de force l’Inter ( 1 ottobre): sette partite tutte d’un fiato, una maratona o un tour de force, chiamatelo come vi pare, che consuma e che richiede una radiografia sistematica per sfuggire ad insidie altrimenti ignote.
SI CAMBIA – La dura legge del turn over va in scena a Verona, con il Chievo, la tappa che si colloca proprio in mezzo ad un percorso accidentato da avversari di assoluto rispetto e acido lattico che inonda il corpo di atleti sottoposti a fatiche vere. Mazzarri rivolta il Napoli, cambia sette uomini rispetto al Milan e sposta Aronica in mezzo: finisce 1-0 Chievo, tra interpretazioni di largo consumo sull’opportunità della rivelazione. Ma la rotazione è controllata altrove: a Cesena, ad esempio, Hamsik parte dalla panchina, prima di sistemarsi al fianco dei «titolarissimi» tra Manchester e il Milan al San Paolo; con la Fiorentina, è costretto a fermarsi Maggio e Aronica viene lanciato nel mischione a gara in corso.
STAKANOV – Morgan De Sanctis gode del privilegio di vivere «rinchiuso» tra i pali e lo stakanovista è lui, che comunque spende psicologicamente, ma dal cilindro d’una stagione vibrante, per certi versi a sorpresa, Mazzarri estrae Gargano, che non gioca solo la prima partita ufficiale (che è di fatto la seconda giornata di campionato)di Cesena e poi si concede sei presenze consecutive da novanta minuti su novanta (più recupero), un tragitto per uomini con polmoni d’acciaio ed una riserva d’energia invidiabile. E’ un altro Napoli, ora più abbondante, con maggiori certezze, come dimostra Zuniga con la sua versatilità, optional che aiutano nella distribuzione dei compiti, assolti dal colombiano tanto a destra quanto a sinistra.
CHE RALLY – Giocare stanca ma lascia anche i segni: Donadel s’è fatto male senza scendere in campo, Dzemaili dopo le prime quattro presenze: e alla fine, in mezzo, sono rimasti Inler e Gargano, per cantare e portare la croce. I nuovi vanno inseriti e a Verona, con il Chievo, Mazzarri ha voluto verificare la consistenza di Fernandez e Fideleff, giovanotti argentini dotati di tecnica, fisico e personalità, però usciti ammaccati dall’unica disattenzione del difensore mancino, che è costata la vittoria e ha condizionato il giudizio popolare.
DI SLANCIO – Le gerarchie esistono, ma vengono sovvertite: Salvatore Aronica era diventato la terza scelta di sinistra, con Britos e Ruiz avvantaggiati. Lo spagnolo è tornato in patria, l’uruguayano s’è infortunato a Barcellona e il palermitano ha dimostrato d’avere nervi saldi, concretezza e maturità, giocando più di Cannavaro e Campagnaro, ma anche di Lavezzi, Cavani ed Hamsik. Le luci a San Siro hanno illuminato pure Chavez, l’oggetto misterioso spuntato dal nulla al calciomercato: undici minuti per fargli vedere l’effetto che fa questo calcio, che stritola e però esalta. Fuori la palla: è il momento del time out.
Fonte: Corriere dello Sport