Continua a far discutere la questione che vede coinvolta la Juventus e il suo presidente, Andrea Agnelli, con la vendita di biglietti a tifosi poi scoperti essere membri della ‘ndrangheta. Intanto che la verità venga a galla, la redazione de Il Napolista pone l’attenzione su nuovi fascicoli su cui starebbe indagando la procura federale. Infatti, come evidenziato da alcune foto relative agli atti in possesso della Procura Federale pubblicate dalla redazione del sito, pare che Agnelli fosse a conoscenza anche della presenza di alcuni striscioni offensivi nei confronti del Grande Torino, esposti allo Juventus Stadium nel derby del 23 febbraio 2014.
Nella relazione di polizia giudiziaria sul derby Juventus-Torino del 23 febbraio 2014 – scrive il Napolista – si legge che “gli striscioni clandestinamente introdotti, pur nella consapevolezza che la loro esposizione avrebbe comportato una salata ammenda per la Società, inneggiavano alla tragedia di Superga e comportarono il sanzionamento della Juventus da parte del giudice sportivo, con una ammenda di 25.000 euro“. Alessandro D’Angelo e Raffaele Bucci “al fine di evitare lo sciopero del tifo ed eventuali ritorsioni nei confronti della propria Società di appartenenza, si prestarono a introdurre personalmente, all’interno dello stadio, degli zaini contenenti striscioni e fumogeni, così eludendo la sorveglianza delle forze dell’ordine“.
Tale condotta fu però ripresa dalle telecamere di sorveglianza come dimostrato dalla conversazione del 25 febbraio del 2014 nella quale, per l’appunto, “D’Angelo informa Bucci che è stato beccato e gli riferisce che il Presidente l’aveva apostrofato con la frase “Ale sei un ciuccio, ti hanno beccato”. Per altro – annota il procuratore federale Pecoraro – il presidente Agnelli era perfettamente a conoscenza dell’introduzione di materiale vietato all’interno dello stadio perché di ciò informato dal D’Angelo con il quale risulta intrattenere un rapporto personale di amicizia oltre che rapporti di natura professionale“.
Sapeva, Agnelli – continua Il Napolista riportando gli atti della Procura Federale -. Il 23 febbraio del 2014 il presidente Agnelli è al telefono con D’Angelo. È appena finito il derby. E il Security Manager della Juve racconta che gli ultras non avevano mantenuto i patti nonostante gli zaini con gli striscioni e i fuochi pirotecnici. “Il presidente Agnelli si limitava a rispondere: ‘ma no no sono dei coglioni’ senza altro commento, con ciò dimostrando di essere perfettamente al corrente dei rapporti fra i propri collaboratori ed esponenti del tifo organizzato e della malavita, gestiti al fine di assecondare i tifosi“.
Il 16 febbraio scorso (2017), Andrea Agnelli chiede di essere sentito dalla procura federale e a proposito della vicenda del derby con il Torino, “addebita la responsabilità della introduzione degli zaini al solo D’Angelo, sostenendo: ‘Mi inalberai molto e gli dissi che quel che era accaduto non avrebbe dovuto più verificarsi’. Al di là del fatto – scrive la Procura – che la riferita arrabbiatura è smentita dal tenore delle telefonate intercettate, non v’è chi non veda come il semplice inalberarsi a fronte di tanto improvvida quanto pericolosa e autolesionistica condotta, come già detto, non costituisce di certo condotta consona di colui che, in qualità di Presidente rappresenta la società e riveste una posizione di garanzia, viene a sapere che un proprio dipendente ha commesso un fatto di tale gravità che avrebbe potuto certamente condurre a risvolti di natura penale e a conseguenze ben più gravi“.
Ma c’è una considerazione generale che inchioda Agnelli – conclude Il Napolista -. Nell’atto di deferimento al Tribunale sportivo, il procuratore Pecoraro scrive: “Ulteriore conferma del fatto che il Presidente non solo fosse consapevole dei rapporti strutturati e delle concessioni fatte in favore dei gruppi del tifo organizzato e di esponenti malavitosi, ma che acconsentiva a tale condotta, è la circostanza che il Presidente della società non ha mai denunciato tali condotte alle Autorità – statuali e di settore – competenti, né ha mai allontanato dalla compagine sociale i propri collaboratori e dipendenti che attuavano questo sistema“.