Caro Nicolas Higuain, ti scrivo…

Caro Nicolas Higuain, ti scrivo.

Sì, sembrerà strano: perché tu, senza dubbio, neppure conosci il mio nome. Indosso per un attimo i panni di un semplice tifoso, deluso e amareggiato dai tuoi comportamenti. Eppure mi potrei travestire dal seguace medio del gioco del pallone. Perché talvolta l’opportunismo può metter d’accordo tifosi di diversi schieramenti.

A scrivere è una persona che, per la maglia della propria squadra, ha anche pianto. Ha saltato di gioia, ci ha rimesso qualche corda vocale, un po’ di salute, soldi e svariati anni di vita. Perché in fondo il tifo è così, è inspiegabile con un discorso razionale, risponde prettamente alle logiche del cuore.

Vedi, Nicolas, voltare le spalle alla propria bandiera è un’azione deplorevole. Un tradimento a tutti gli ideali che essa rappresenta. Per carità, ti giustifica il mestiere con cui cerchi di pagare l’affitto e le bollette, quello del procuratore. Ti giustifica l’affarismo, quello che ti conduce a guardare lo spessore del tuo portafogli. E a farlo crescere sempre di più, affare dopo affare, rinnovo dopo rinnovo, percentuale su percentuale.

Lo capiamo, ognuno su questa terra recita la propria parte, fa il possibile per condurre un’esistenza tranquilla ed agiata. Ma il tifo è un’altra cosa. Quindi ti scrivo, Nicolas. Ti scrivo quasi da amico, per farti capire i tuoi errori. Credimi, ne commettiamo tantissimi su questo mondo. Nessuno è perfetto.

Perciò, Nicolas, quando hai scritto lo scorso anno “Forza Napoli Sempre” sei caduto in errore. Vedi, i social sono spesso un’arma a doppio taglio. Una piattaforma di sfogo, ma anche un punto di non ritorno. In quel “forza Napoli sempre” c’è un’espressione temporale chiara. Sempre, fino alla fine, come direbbero i tuoi nuovi beniamini. Quel 23 febbraio 2016, nella serata di Napoli-Milan, bastò un tweet al veleno contro gli arbitri per infiammare i tifosi, per illuderli che il legame tra la piazza e gli Higuain fosse indissolubile.

Il tifo non si spiega, si vive. Quel “sempre” di cui parlavi era una bugia? Sì.

E forse è vero, De Laurentiis avrà tradito in qualche modo la fiducia della famiglia Higuain, ma le provocazioni da social valgono zero. Anzi, più che provocazioni sarebbe lecito parlare di “bambinate”. Ci vuol tanto a mostrare gli attributi e a parlare a voce alta. Giusto per dire le cose come stanno. Gli indici puntati in tribuna e le comode parole da smartphone non hanno un fine. Portano solo un odio che, in assenza di ulteriori spiegazioni, resta immotivato e grottesco.

Perciò ti scrivo, Nicolas.

Perché ora tu e tuo fratello avete trovato a Torino la serenità che cercavate. Perché ora il bianco ed il nero rappresentano i tuoi colori preferiti, perché adesso vincere lo scudetto è facile. Non è necessario “giocare senza arbitri”, come dicesti per infiammare la piazza.

Il finto tifo fa male al calcio. Specie se proviene dall’entourage e dalla famiglia di un calciatore. Capiamo il bisogno di ingrossare il portafogli, ma cosa penseranno di te i tifosi juventini se, un giorno, dovessi rinnegare anche la dirigenza e la maglia bianconera? 

Ti scrivo, Nicolas.

Ti scrivo perché a nessuno è andato giù il modo in cui tu e tuo fratello avete lasciato Napoli. Di notte, di nascosto, con un sorriso di circostanza sul volto e la mano sul pugnale già pronta. Annunciasti, come fulmine a ciel sereno, che il rinnovo non sarebbe arrivato. Tempo un mese e Gonzalo non sarebbe stato più un calciatore del Napoli. Ci sono più ombre che luci in quella trattativa maledetta.

Perciò ti scrivo, Nicolas.

Ti scrivo perché di persona neppure ti conosco e, onestamente, neppure sarei in grado di parlarti. Le parole scritte invece sono più chiare, più statuarie. Restano impresse più facilmente. Sono, soprattutto, indelebili. Più o meno come il tifo per una squadra. Ma nessuno si aspetta che tu capisca questo concetto.

Con affetto,
Una persona qualsiasi

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