Ventotto novembre duemilasedici. Centoquarantaquattro giorni senza maglia azzurra in campionato. L’ultima volta proprio contro il Sassuolo al San Paolo, in quello sfortunato pareggio arrivato per mano (recte, piede) di Defrel nel finale. Un’infinità, salvo indossarla poi soltanto in Champions League – sempre tra le mura amiche – contro il Real Madrid.
LI CHIAMAVANO AZZURRI
Domenica al Mapei Stadium, il giro di boa: diciannove gare consecutive con divise diverse dalla prima. Il più delle volte bianca, di rado nera. Un dato che certamente non fa piacere ai tifosi e a chi fa del motto ‘solo la maglia’ il suo dogma.
Contano i risultati, ovvio. Quelli positivi. Tanti quelli arrivati dopo quella data: 14 vittorie, 3 pareggi ed una sola sconfitta, nella sventurata gara con l’Atalanta a Fuorigrotta, lo scorso 25 febbraio.
LA SCARAMANZIA NEL CALCIO
Questione di marketing, ma più spesso di scaramanzia, di fortuna che viene e che va. Elementi sempre presenti nel calcio e nella testa dei presidenti. Basti pensare all’ex patron del Cagliari Cellino. Quantomeno stravagante l’invito ai tifosi di vestirsi di viola allo stadio. Il motivo? Cagliari-Novara si giocava il 17 settembre. Un giorno nefasto. Dopo aver tentato invano di spostare la gara, la soluzione fai da te. E gli andò anche bene: la gara finì 2-1 per i sardi. Nulla al cospetto di Romeo Anconetani, ex presidente del Pisa negli anni ’80: il proprietario dei nerazzurri era solito spargere del sale sul campo prima delle partite, consumandone chili e chili. Ed una citazione la merita anche Aldo Spinelli, presidente del Livorno fino al 2016 (e prima ancora del Genoa), con il suo immancabile k-way giallo, anche in piena estate.
LA RIVEDREMO?
E chissà se nelle prossime sei sfide – quattro in trasferta e due in casa – il Napoli riuscirà a sfoggiare nuovamente la classica maglia azzurra. Come ai vecchi tempi, come sempre. Come piace ai tifosi. Anche se, non ditelo a nessuno, a molti basterà il secondo posto. Ne siamo convinti.
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