Eppure, Arkadiusz Milik è una pura boccata d’ossigeno

Eppure c’è stato un attimo in cui la partita ha riso, quasi fragorosamente. Eppure, nonostante tutto, da Reggio Emilia si va via con qualcosa di diverso. Che non è il solito rammarico, né l’ennesimo rimpianto: si va via con una sottile, flebile, distaccata speranza. Amara, ma pur sempre intatta.

Perché è il volto di Arkadiusz Milik a rincuorare, a scuotere anima e futuro. A ribadire che niente è perduto, e che forse il futuro può essere davvero quel che vuoi tu, quel che hai sempre desiderato. È quel movimento da centravanti puro, è quel pugno stretto e il muso duro davanti alla curva. È la voglia di ripartire, che ora accomuna tutti e che ora tutti vedono in lui. E forse solo in lui.

89 MINUTI DOPO

Ci ha messo 89 minuti totali a risalire sul trono. Ci ha messo 89 minuti a recuperare sorrisi e abbracci, a sentirsi di nuovo vivo, parte integrante del suo contorno. E del suo futuro. Con una mezza girata, il polacco ha chiarito a se stesso chi comanda: non c’è più paura, adesso. Probabilmente non ce n’è mai stata.

Di sicuro, c’è una tremenda voglia di partecipare, di giocare, di allargare squadra e orizzonti. Di sentirsi vivo con un pallone tra i piedi e una porta da puntare.
Sarri lo centellina come si fa con le cose preziose, rare, che possono svoltarti una vita intera – figurarsi una partita di calcio. E nel turbinio di scelte fatte, di ossessive ripetizioni tattiche, Milik prova a districarsi nell’unico modo in cui il suo passato, presente e futuro si fondono: facendo gol. Nient’altro che un gol. Stra-importante per la squadra. Fondamentale per lui, poi. Che ha la forza necessaria per urlarlo al mondo: ‘Son tornato’. E no, stavolta non ha più intenzione di impiegare tempo e talento in altro.

UN’ALTRA GESTIONE ALL’ORIZZONTE?

Ora Sarri si ritrova con briciole di scelte nel taschino, con una lunga sigaretta – e forse due – chiarificatrice. Si può relegare in un angolo l’ultima ondata di talento a disposizione? ‘Arek’ è un concentrato imponente di questo nuovo corso, di tutto quello che ha rappresentato il post Higuain, di tutto quel che rappresenta tutt’ora. In termini d’investimento economico e sociale, di cuore e di campo.
Ed è stata una lunga attesa, quella di Milik. Fatta di scampoli di gara, di sguardi attenti, di occhiate al cronometro per capire, vedere, sentire quanto destino ci fosse a disposizione. Un destino oggi racchiuso nel tempo di una sostituzione e nelle sportellate a fine gara, a buttar giù il mondo intero, a tener duro, ad agguantare i risultati, a recitare un copione già scritto e preparato alla vigilia.

Ci sarebbero forse 99 motivi per prendere questo macigno di dubbi e farli sfogare in campo, l’unico modo poi per alzar la gonna della verità. O magari, in fondo, ce n’è appena uno: la fiducia, sempre ben riposta, sempre ben ricambiata. No, non si risolvono con Milik in campo i problemi e le disattenzioni del Napoli: ma contro la sfortuna, forse Arkadiusz sa come si fa. È che l’ha già fatto, è che lo farà ancora.

Un lottatore col vizio del gol, bravo a farsi largo tra preghiere, sensi d’onnipotenza e quelli d’impotenza. Non ha mai fatto male, averne. Né lo farà mai.

Cristiano Corbo

 

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