“Non ci manca un cazzo”. Parole e musica di Maurizio Sarri. Stanco dei continui paragoni con la Juventus, il mister ha utilizzato un linguaggio colorito a difesa dei propri calciatori. Ciò accadeva non più di dieci giorni fa. Dopo Sassuolo, l’ennesima partita con una piccola scandita dallo stesso spartito, non sarà capace di replicare con lo stesso fervore. Così non basta. In un modo o nell’altro, dall’alto verso il basso e viceversa, al Napoli qualcosa manca. Senza essere ridondanti o colpevolisti, proviamo a mettere un po’ d’ordine.
MANCA EQUILIBRIO, IN CAMPO E FUORI. 35 reti subite alla 33esima giornata è un numero eccessivo per obiettivi di altissimo livello. Troppi, tra l’altro, con il risultato già in cassaforte e improvvisamente rimesso in discussione. La gestione dei 90’ è sempre affannosa, con momenti di black-out anche brevi che si susseguono puntualmente in tutte le gare. Basti pensare che questa squadra non ha mai vinto in stagione con il punteggio di 1-0, il successo più cinico e significativo. Alla lunga anche un attacco formidabile può incappare in un giornata nella quale segnare a valanga non è possibile. E i 3 punti, in assenza di solidità, sfumano facilmente. È vero che è accaduto troppo spesso quest’anno e il più delle volte con avversari di medio-basso rango. Tutto ciò non giustifica la solita gogna mediatica successiva ad un mezzo passo falso azzurro. Vale a dire non accorgersi dei passi in avanti compiuti da questo gruppo negli ultimi. Non disunirsi, restare sul pezzo, evitare pericolosi nervosismi e tentare di agguantare l’intera posta in palio fino all’ultimo secondo descrivono un Napoli più maturo. Perfettibile, tuttavia, se si rincorrono traguardi ambiziosi.
MANCA UNA PUNTA SPORCA. Una punta di peso. Una che ti sottrae alle sabbie mobili quando ormai ci sei dentro fino al collo. Uno che preferisce la zampata felina ai mille colori di uno splendido pavone. È mancato Arek Milik. Una promessa non mantenuta, ma di certo non per colpa sua. Sfortunato il ragazzo, sfortunato il Napoli che ha dovuto reinventarsi per sopperire alla sua assenza. E lo ha fatto benissimo, sia chiaro. Ma poi ti capitano partite spigolose, dove una serie di circostanze impediscono al circo azzurro di andare in scena. A Reggio Emilia, come contro Palermo e Atalanta per ricordarne due, la coreografia va benissimo ma conta di più la sostanza degli attori. Gabbiadini prima, Pavoletti poi, non hanno saputo addossarsi l’eredità dell’ariete polacco. La volée in un fazzoletto, nel bel mezzo del traffico dell’area di rigore, quel gesto di rapina da attaccante puro. Sfruttando qualità fisiche e tecniche. Sporcarsi un po’ le mani, insomma. L’ex Ajax è tornato a bussare e ha ancora tanto da mostrarci. Bentornato Arkadiusz.
MANCA UN PO’ DI SANA FORTUNA. Perché si sa possiamo disquisire di tattica, atteggiamento, capacità tecniche e gestione dei giocatori. Ma la fortuna spesso indirizza l’ordine degli eventi. Non deve essere un alibi, senza dubbio, ma solo una constatazione. I pali di Mertens e Insigne, soprattutto quest’ultimo, finiscono in fondo alla rete nel 90% dei casi. Mentre, dall’altra parte, un singolo clamoroso errore diventa la chiave di volta della partita. Nel calcio il fattore C è stato ribattezzato in “episodi”. E ovviamente ne abbiamo avuti anche a favore, ci mancherebbe. Eppure sembra che quando la giostra gira lentamente, anche la dea bendata fa di tutto per remare contro. Il rimedio? Non c’è. Prendere atto di questo è quanto fanno gli audaci. Provando a sconfiggere le energie negative con la forza dei propri mezzi. E la convinzione di andare dritti per la propria strada.
VERSO L’ULTIMO TASSELLO. QUELLO CHE MANCA. Perché è vero che per lunghi tratti si fa fatica a capire in cosa può migliorare quest’orchestra. Ma la costanza nel credere di non essere inferiori a nessuno si acquista col tempo. Col tempo si attenueranno anche gli errori dei singoli che purtroppo vanificano l’impegno intenso dell’intero team. A detta dello stesso mister, questo è l’unico vero step in avanti che possiamo chiedere ai ragazzi. Oltrepassare i propri limiti è una richiesta da estendere anche alla società e alla sua politica conservatrice. L’esperienza si ottiene con gli anni o con il denaro. Cosa prediligere?
MANCANO CINQUE PARTITE. Cinque finali, per dirla alla Mazzarri. Tutti le disamine, compresa quella appena letta, si inchinano innanzitutto alle priorità del campo. Attentare al secondo posto resta un dovere, malgrado un ritardo considerevole. Si parte dall’Inter ferita, derisa e sull’orlo di una crisi d’identità. Il peggiore dei clienti, per chi l’avesse sottovalutata. In un ambiente ostile e con una rosa di tutto rispetto. Una grande in difficoltà, ma pur sempre una grande. E, diciamola tutta, a questi appuntamenti il Napoli non è mai mancato.
Ivan De Vita
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