Volpecina: “Maradona la nostra luce, con lui cominciavamo dall’1-0. Potevamo vincere altro, fu un errore privarsi di quelli come me”

Giuseppe Volpecina, ex terzino sinistro del Napoli, ha rilasciato un’intervista ai microfoni de La Gazzetta dello Sport in merito alla vittoria dello scudetto e del fenomeno Maradona. Ecco le sue dichiarazioni:

Su Maradona: “L’ha toccato, mi sono allenato con lui per un anno intero, ci ho vinto lo scudetto. Posso dirvi cos’era: un fenomeno anche come uomo. Uno che ti lascia qualcosa dentro che non sparisce mai più. Io sento parlare di leader, oggi, e mi chiedo: ma allora cosa è stato Diego?”.

Su cosa sia stato Diego: “La nostra luce. Avevamo lui e lo seguivamo. Non conosceva la paura, né degli avversari, né delle intimidazioni, che pure riceveva. E noi lo seguivamo”.

Sulla sua data: “Io ho una sola data ed il 10 maggio 1987, perché tutto quello che accade nel corso della stagione concede solo di preparare quell’evento, in cui c’è la somma di ogni nostro sacrificio. Io posso dire – senza enfasi e senza retorica – di aver vissuto in quel ricordo, perché quel giorno ha rappresentato lo spartiacque: la Napoli calcisticamente povera e la Napoli poi ricca, padrona, viva».

Su Napoli-Juve 1-3: “Gran partita e, con modestia, grande gol del sottoscritto. Il primo lo avevo segnato all’Atalanta, in un pareggio che sembrava potesse preoccupare; ma quello invece servì per cambiare la percezione che avevamo di noi stessi: ci rendemmo conto, andando a vincere in casa della Juventus, di essere forti”. 

Sulla differenza con gli avversari: “Noi cominciavamo dall’1-0 perché tanto era chiaro che Diego avrebbe trovato il modo con cui fare gol. E’ stato il più grande di tutti i tempi, lo dico senza se e senza ma, e anche ora che vedo il Real Madrid e prendo atto che con Cristiano Ronaldo si creino quelle stesse condizioni, cioè partire con un gol di vantaggio, resta sempre una sostanziale diversità del calciatore. Maradona è stato unico ed è inimitabile».

 

Sul mutare della carriera di Diego: “Forse fu un errore privarsi di calciatori come me, Muro e Caffarelli, perché il senso di appartenenza di noi campani concedeva una sua forza. Oggi vediamo scene che si ripetono: si segna e si bacia la maglia. Noi sputavamo sangue, ma seriamente, e senza troppa platealità. Ma non ho rimpianti, né rimproveri. Ho vissuto la storia più bella di Napoli, ho potuto partecipare a quei momenti e da protagonista, ho visto la felicità sulla faccia della gente ed ho capito quanto fosse prepotente quella gioia, perché era la mia”.

Su ciò che conserva: “La maglietta di Maradona e quella di Francini, dell’anno successivo, con lo scudetto: portava il 3, dunque il mio numero, ma io avevo potuto indossarla senza il tricolore. Su quella c’è e vedesse quanto è bello. Mi spiace non essere stato lungimirante: avrei dovuto tenere per me quel francobollo che venne emessa per il nostro trionfo. Però la medaglia che ci diede il Napoli ce l’ho ed anche quella che arrivo dalla Federazione”.

Sul 10 maggio: “Mi divertirò con i compagni che verranno per l’amichevole di Casoria, in cui dovremmo esserci quasi tutti. Mi spiace che le istituzioni non abbiano pensato ad un momento di partecipazione collettiva, ma non ho nessun intento polemico dicendo ciò. Penso semplicemente che quello sia stato un traguardo, una conquista, per la città e che a parecchi avrebbe potuto far piacere salutarci o rivederci”.

Se vinsero i più forti: “Che avrebbero potuto vincere tanto altro, perché per me due scudetti furono pochi rispetto al potenzialità di quella squadra e di quel progetto. Se hai il calciatore più grande d’ogni epoca, puoi permetterti qualsiasi successo. Non hai limiti. Perché Diego era una trascinatore, aveva una personalità che non si è mai rivista in nessun altro calciatore”.

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