La stagione dei record, il Napoli come la Spagna: la consapevolezza del gruppo per il definitivo salto di qualità

Novanta gol, record di punti, numeri su numeri che certificano un dato di fatto: il Napoli è cresciuto in maniera spaventosa in questa stagione, soprattutto nel girone di ritorno. Eppure gli azzurri, anche quest’anno, saranno vittime dell’etichetta di “belli che non ballano“, per traslitterare un celebre detto molto in voga anche nel capoluogo partenopeo. In poche parole un terzo posto, zero titoli in bacheca. Eppure, a maggior ragione dopo la vittoria di ieri sera, la sensazione lasciata ai più è positiva: comincia a prendere piede l’idea che questa squadra, dopo due anni di preparazione, sia pronta al grande salto di qualità. E, dunque, a vincere il tanto sognato scudetto.

Ha detto bene Raul Albiol: per tanti versi questo percorso del Napoli, con tutte le pur grandi differenze del caso, ricorda un po’ quello di “transizione” che portò la Spagna da bella e perdente a padrona del mondo del calcio. Le consapevolezze maturate sono tante e ognuna importante a modo suo: il miglior calcio espresso, a detta di quasi tutti, un miglioramento continuo, una crescita che ha migliorato quanto di buono fatto nella passata stagione e che migliorerà ancora di più l’anno prossimo. Giocoforza, questo percorso, così bello, non può interrompersi. Ed allora il duemiladiciotto diventa l’anno zero, quello buono, finalmente, per vincere. Tutto sembra muoversi in questa direzione: non solo per il grande lavoro svolto sul campo, che a tratti ha dato un Napoli capace di esprimere, tatticamente, un senso di onnipotenza quasi disarmante. Ma anche e soprattutto fuori, con il certosino lavoro della società che si è messa a lavorare per assicurare continuità al progetto, partendo dai rinnovi, blindando così i pezzi da novanta ai quali oggi manca solo un nome, per cui filtra peraltro ottimismo: quello di Faouzi Ghoulam.

Eppure qualcosa manca. E cosa? Continuità, soprattutto mentale. Perché è impensabile gridare al complotto, piuttosto, e ci riferiamo sempre alla lucida analisi di Albiol (QUI PER LE DICHIARAZIONI INTEGRALI), bisogna pensare agli errori commessi nel corso dell’annata, esattamente come fatto lo scorso anno: punti persi, gare compromesse in momenti fondamentali del percorso in campionato. Le possibilità, tutte, vanno sfruttate proprio ragionando sulla forza del gruppo, più che dei singoli. “Chi se mette appaura, nun se cocca cu ‘e femmene belle” – direbbero a Napoli. Ed è proprio la paura che deve essere ridotta ai minimi termini, perché è l’ultimo ostacolo da superare. Non paura dell’avversario, ma paura più di se stessi, una paura mentale. Eppure, il Napoli di ieri ha dato l’ennesimo segnale: se questo campionato non finisse il ventotto maggio, se ne vedrebbero ancora delle belle. Ma nemmeno questo è un alibi: i treni si prendono quando passano, non quando hanno già lasciato la stazione. Ripartire, ora, a cominciare dall’estate, uniti, per un obiettivo comune: il duemiladiciotto può essere veramente l’anno buono. E lo sarà, se ci saranno continuità e dominio. Mentale, quello che determina tutto. 

GENNARO DONNARUMMA

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