Un bel tacer non fu mai scritto… (e detto)

Quello tra Mino Raiola e il Napoli non è di certo un intreccio dei più felici, non lo è mai stato, difficilmente lo sarà. Filosofie agli antipodi: da un lato uno dei procuratori chiave del calciomercato internazionale, che nelle trattative e nei cambi di maglia a stagioni alterne vede una predisposizione naturale. Trame da tessere e disfare negli interessi propri e dei suoi assistiti. Il calcio come business multimilionario dove è il mercato a dettare tempi e strategie. Dall’altro una società che non ha mai ceduto ad un’impronta chiara, ben definita, fin dai propri albori. E che mai ha intenso derogarvi, anche incappando in qualche critica e in un rapporto non propriamente idilliaco con una fetta dell’ambiente partenopeo.

LE ORIGINI

Poli opposti che non si attraggono. Per nulla. Con un susseguirsi di botta e risposta che vede le proprie origini nell’affare Hamsik-Milan naufragato estati fa. Una tacca di cui non è mai riuscito a fregiarsi, un trofeo mai esposto, una sconfitta – per certi versi – per uno dei sovrani assoluti del calcio che conta che ancora un po’ brucia. Ogni riferimento a cinema in Slovacchia e giri in barca non è per nulla casuale. Rapporto tortuoso, che nel tempo si è arricchito di nuovi capitoli. Una costante: Raiola è uomo di spirito, sferzante, provoca e tasta il terreno. L’altra faccia della medaglia è quella coerenza che, si sa, da sempre è merce rara.

VERITÀ A TARGHE ALTERNE

Ecco allora che dalle critiche a Sarri per il trattamento ricevuto da un altro suo assistito, Omar El Kaddouri – quest’estate migrato verso lidi ancor meno competitivi, vedasi il Paok Salonicco – si passa all’augurio di un approdo verso piazze migliori: “L’Empoli ci ha convinto con un progetto interessante. Ha giocato poco con il Napoli, non per sue colpe. Sarri non è mai stato chiaro. Gli ha detto: “Se rinnovi, giochi”. Poi non è stato inserito nella lista per la Champions League, e a quel punto il rapporto si è definitivamente rotto. Il problema è che bisogna essere chiari: non si può dire ad un calciatore “sei forte, giochi” e poi non lo fai giocare mai. Mi dispiace sia andato via da Napoli, ma sono contento si sia liberato da Sarri”. Cronache del primo febbraio, sette mesi fa, per poi passare all’invito dei giorni scorsi: “Spero per lui che sia l’ultimo anno a Napoli, sennò come lo sopporta De Laurentiis. Vincere e perdere è questione di dettagli e fortuna, è difficile vincere in città come Napoli e Roma anche per via dell’ambiente”. Quasi a preoccuparsi del futuro del tecnico partenopeo. Ma la coerenza, appunto, non solo è merce rara. Può tranquillamente virare dove soffia il vento se in ballo nascono interessi di ben altro spessore.

LO SCOPO

Opinioni a margine, contorno. La coda di un’exit strategy embrionale con Lorenzo Insigne sullo sfondo. Embrionale, diciamo, nient’altro. E non solo per il recente rinnovo del fantasista partenopeo, ma perché Raiola ad oggi cura gli interessi di un Insigne, certo, ma di Roberto. Mentre al momento la procura di Lorenzo resta ufficialmente agli storici agenti, reduci dall’accordo con il patron Aurelio De Laurentiis nella scorsa primavera. Che Insigne possa in futuro lasciare Napoli, indirizzato dallo stesso Raiola non appena ne curerà ufficialmente gli interessi, è sicuramente una possibilità. Rimarcarne l’eventualità agli inizi di una stagione cruciale, con un rinnovo fresco di firma, è assolutamente fuori tempo. Stride nell’armonia di un complesso che mira compatto ad un obiettivo. E dire che sul punto si era soffermato lo stesso giocatore imbeccato dopo la doppia sfida contro il Nizza. Inoltre, va aggiunto, con un contratto blindato, è difficile che il manico del coltello passi di mano, così, come se niente fosse. Lo insegna la storia recente del mercato azzurro, lo insegna anche quanto accaduto quest’estate. E’ il gioco delle provocazioni da De Laurentiis a Raiola e ritorno, vero. Ma la sostanza resta. Un bel tacer, in fondo, non fu mai scritto. E la storia si ripete…

Edoardo Brancaccio

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