L’uomo più significativo di questo Napoli è indubbiamente Lorenzo Insigne. Lo scugnizzo partenopeo sta vivendo una stagione fantastica, probabilmente la migliore della sua carriera. Sembra essere il maggior talento italiano ed il vero leader tecnico della squadra di Sarri. La Gazzetta dello Sport oggi ha riportato un’intervista al numero 24 di Frattamaggiore, che ha parlato tanto, partendo dalla sua famiglia, passando per l’affetto dei napoletani, arrivando ad Higuain e lo scudetto:
Da ragazzo di provincia a campione affermato: com’è cambiata la sua vita?
«Poco, abito ancora a Frattamaggiore e sto con famiglia e amici. So che i giocatori fanno una vita diversa, ma io sono bravo a non cambiarla del tutto restando vicino ai miei cari, che mi hanno reso ciò che sono».
Nei suoi sogni di bambino ha mai immaginato ciò che è oggi la sua realtà?
«Si, ho sempre pensato di diventare un calciatore e di giocare al San Paolo con il Napoli. Sono fiero di questo perché ho fatto tanti sacrifici insieme alla mia famiglia e questo è un motivo d’orgoglio per me e i miei genitori, che non mi hanno fatto mancare nulla, nemmeno nei momenti di difficoltà».
Ci racconti l’Insigne casalingo…
«Mia moglie, Jenny, dice che sono molto pantofolaio. A me piace guardare le partite sul divano con lei e i nostri due figli, Carmine e Christian. Il più piccolo frequenta una scuola calcio, l’ho accompagnato qualche volta, c’è stata un po’ di confusione per i genitori e i bambini che mi chiedevano foto. Ero emozionato perché era la prima gara di mio figlio: la sera prima mi ha detto, papà devo andare a letto presto, perché domani ho la partita. Sa petequanti anni ha? Quattro e mezzo! E già ragiona così».
Qualche giocatore passato per Napoli ha detto che la città opprime, la gente è ossessiva: è così?
«Sono napoletano, e noi napoletani siamo molto affezionati ai giocatori. Io la vivo nel miglior modo possibile, sono spesso in centro e mi presto alle foto, per ché è giusto che gli idoli siano vicini, noi calciatori dobbiamo essere orgogliosi di questo affetto».
A proposito di Napoli, alla Gazzetta Balotelli ha dichiarato che verrebbe volentieri a giocare qui. Con la città ha un rapporto particolare, sua figlia Pia è napoletana e gli parla in dialetto.
«No, no, a casa mia, i bambini parlano in italiano, anche se ogni tanto qualche parolina in dialetto ci scappa. Sono cresciuto dove si parlava solo in dialetto, ma i miei hanno sempre voluto mettermi sulla strada giusta. Ogni tanto ai miei bimbi gliela perdono qualche parolina in napoletano, non volgare. Balotelli ha le potenzialità per essere un grande, sembra vecchio, ma ha 27 anni. Deve solo capire che è forte e spero che se ne renda conto prima che smetta di giocare».
Lo sa che lei è l’immagine positiva di Napoli nel mondo? Una icona sacra per chi vive di calcio.
«Giocare a Napoli da napoletano non è facile. Ci sto riuscendo e spero di farlo ancora per molto, che poi si parli di me anche lontano da Napoli ne sono orgoglioso, vuol dire che sto lasciando qual cosa di buono a chi mi sta intorno. È importante non smettere di sognare e lo ripeterò sempre, io ce l’ho fatta vivendo mille difficoltà e ce la possono fare tutti».
A Marassi, lei mandò a quel paese i tifosi della Sampdoria che insultavano Napoli. Cori che stanno diventando prassi in ogni stadio d’Italia: come si può agire per farla finita?
«Le soluzioni non dobbiamo trovarle noi calciatori, ci sono le istituzioni per queste cose. Lega e Federazione dovrebbero prendere provvedimenti, perché è discriminazione così come il razzismo. Quel coro “Vesuvio lavali col fuoco” davvero non si può sentire».
Dietro il campione Insigne ci sono tanti sacrifici…
«E ne faccio ancora molti. Mercoledì, sono stato nel rione Sanità, in un istituto per ragazzi difficili e l’ho detto pure a loro: i sacrifici vanno fatti, e una volta arrivati all’obiettivo bisogna continuare».
Di sacrifici ne ha mai parlato col suo amico Cassano? Lui è stato più sregolatezza che genio: condivide?
«Antonio è un bravissimo ragazzo, bisogna saperlo prendere, ha un carattere particolare, anche lui è cresciuto in situazioni particolari. Ha preso strade diverse e a me dispiace, se avesse avuto la testa a posto avrebbe potuto vincere il Pallone d’Oro nei suoi primi anni, quando non c’erano Messi e Cristiano Ronaldo».
Il Napoli in testa alla classifica: crede che questo sia l’anno buono per vincere lo scudetto?
«Penso proprio di sì, ne siamo consapevoli. Gli altri anni andavamo in campo pensando che quella partita l’avremmo pure potuta pareggiare o perdere».
Arrivare in fondo in Europa League potrebbe cancellare la delusione per l’eliminazione dalla Champions?
«Ho sentito dire che avremmo scelto di uscire dalla Champions per pensare al campionato, ma non è così. Speravo di andare avanti in Champions, abbiamo compromesso tutto nella prima partita con lo Shakhtar, perché l’abbiamo sottovalutato, lo ammetto. Ora abbiamo un’altra competizione, proveremo a vincerla: è un trofeo importante».
Mazzarri, Benitez, Sarri, i tre allenatori avuti finora: che cosa le hanno dato?
«Con Mazzarri ero piccolo, era il primo anno di A e ho giocato poco. Mi disse che dovevo giocarmi una chance in ritiro con Vargas. Mi sono sempre guadagnato tutto con le mie forze, gli dissi di scegliere liberamente e che avrei lavorato duro. Ho conquistato la sua fiducia, anche se ho giocato poco e in un ruolo che non ho mai fatto, giocavo seconda punta. Con Benitez ho fatto l’esterno, anche se con un altro modulo, ho accettato perché era giusto seguire un allenatore con la sua esperienza. Facevo tutta la fascia e questo mi ha aiutato a interpretare pure la fase difensiva. Sarri mi chiese di fare il trequartista, all’inizio i risultati furono negativi e si passò al 4-3-3, il modulo che preferisco, che facevo con Zeman. I movimenti sono diversi, mi vengono naturali».
È esagerato dire che lei è la continuazione di Pirlo, Del Piero e Totti?
«Sono orgoglioso di essere accostato a questi grandi campioni che hanno fatto la storia del calcio italiano. Io continuerò su questa strada che penso sia quel la giusta, a 26 anni si può sempre migliorare. Spero di rimanere su questi livelli per tanto tempo per arrivare in alto con il Napoli e la Nazionale».
A proposito di Nazionale, pare che Gian Piero Ventura voglia invitarla a cena? Accetterebbe, eventualmente?
«E perché no? Ci andrei, certo. Le 2 gare con la Svezia le hanno giocate grandi giocatori, tutti abbiamo accettato le sue scelte, ci siamo fidati. Dispiace di più che l’Italia non sia andata al Mondiale. Col mister dopo ci siamo salutati: lui che sceglieva e io ho sempre obbedito».
Cosa si aspetta dalla Nazionale del futuro?
«Spero che ci siano momenti migliori anche per me e che scelgano bene il c.t. in modo che l’Italia si rialzi più forte di prima. Potrei giocare il Mondiale 2022 a 31 anni, può essere l’età giusta per vincerlo. Ma ora ripartiamo da zero, con un uomo che possa far bene alla Nazionale, con l’Europeo in mezzo, cercando di vincerlo».
Nella scorsa estate ha rinnovato fino al 2022: vuol dire Napoli per sempre?
«Per ora sto bene qui e spero di rimanerci più a lungo possibile. Il presidente, poi, sappiamo com’è, magari domani si sveglia e vuole vendermi (ride). A parte tutto, io vivo il momento. Poi, la vita del calciatore si sa com’è, è corta. In genere si decide sempre in due, comunque».
Sia sincero: cosa ha pensato quando ha visto Higuain esultare al S. Paolo? Lei gli si è avvicinato, urlando qualcosa. Cosa?
«Non posso dirlo, gli ho detto qualche parolina in dialetto, mi ha capito. Mi è dispiaciuto: è stato 3 anni qua, al di là della scelta che poi ha fatto e non aggiungo altro. Ha fatto gol a Torino e non ha esultato, così come a Napoli. Invece, quest’anno l’ha fatto. Avrebbe dovuto avere un minimo di rispetto per noi ex compagni, dice di essere nostro amico, invia messaggini ad alcuni di noi alla vigilia e poi ci esulta in faccia? È stata una mancanza di rispetto».
Il suo amico, Donnarumma, non vive un momento sereno: che gli succede?
«L’ho sentito dopo la contestazione, era dispiaciuto perché è sempre stato tifoso del Milan. È strano che abbia rinnovato e, poi, fatto tutto quel casino. Ma vi garantisco che è un bravo ragazzo e spero che tutto si risolva nel miglior modo per lui e la famiglia».
Il Napoli è a un passo dal titolo di campione d’inverno: in genere chi gira in testa poi ci rimane.
«Preferisco essere campione in primavera… Due anni fa girammo primi, ma poi lo scudetto lo vinse la Juve. Quest’anno sarà dura per tutti, Inter e Roma sono al nostro livello, ci divertiremo»