“Ci sono giornate assurde, in cui sembra andare tutto al suo posto e poi alla fine non torna alcun conto. Li abbiamo aspettati per venti giorni ascoltando piagnistei e recriminazioni e sentendoci sempre obbligati a difenderci come solo noi napoletani riusciamo a fare, contorti e ripiegati su noi stessi manco fossimo la città più provinciale d’Europa. Ci hanno azzoppato Cavani e siamo entrati lo stesso in campo con le migliori intenzioni. L’incoscienza dell’arbitro ha fatto ripetere un rigore, a rischio di incattivire una partita già complicata di suo. Abbiamo recuperato Inler, messo in campo un Pandev stratosferico che non solo ha fatto due gol, ma delle «malattie» che neppure a sognarcele la notte. Eppure non è bastato. Un sacco di errori, troppi, che ci fanno rimanere sugli spalti a bocca asciutta, nonostante il panino divorato nell’intervallo, il Borghetti, le caramelle Polo e un sudore di pazzi ad ogni azione gol. Abbiamo giocato per vincere e invece abbiamo solo pareggiato. Un pubblico da Champions per una partita che aspettavamo tutti per motivi diversi. Per me non era la partita della rivalsa sociale, era solo la partita in cui bisognava fermare la Juve. Una Juve che è scesa in area solo tre volte ed è riuscita comunque a fare tre gol. Mentre noi, in attacco tutta la partita non siamo riusciti a portare a casa i tre punti. E però, juventini cari, vi abbiamo fatto vivere per una notte l’emozione di uno stadio da Champions, in cui settantamila persone si sono unite come al solito attorno alla loro squadra. Vi abbiamo lasciato le briciole, un punto soltanto. Lo spettacolo siamo stati noi. Ah, se solo fossimo capaci di cose così in tutte le manifestazioni di vita quotidiana, vi daremmo una lezione di vita, oltre che di calcio e sportività”.
Fonte: Il Mattino