Sarà il suo modo di parlare, sarà per le diverse culture che Carlo Ancelotti ha incontrato nel corso di questi 9 anni lontano dall’Italia, sarà per il suo sopracciglio alzato a mo’ di diffidenza e superbia, il nuovo tecnico azzurro ha portato una ventata nuova.
In queste tre settimane di ritiro, per chi ha avuto modo di osservarlo a fondo, si è potuto percepire un cambiamento di comunicazione del tutto radicale rispetto al passato. Niente più sotterfugi, sibilline parole dette per mandare segnali alla società. Niente di tutto questo sempre e solo un dialogo pacifico e rassicurante con la stampa ed i tifosi. Ha risposto alle domande di mercato con il suo aplomb senza far trasparire incertezze su quelli che sono i reparti rimasti ancora scoperti, ribadendo che alla sua venuta in azzurro non seguivano dictat di mercato per top player, dimostrato dalla difesa da parte sua alla società per le critiche ricevute in questo periodo per le opinabili (da parte della tifosi, ndr) operazioni di mercato.
Il cambiamento lo si era percepito già al suo arrivo ma ora più che mai ne diventa certezza. Il Napoli che, come lui definisce, è suo solo nelle sconfitte, ha un nuovo condottiero che ha mutato le vesti di un comandante di regime e si è trasformato nel Re di Napoli. L’obiettivo è la conquista del Regno d’Italia attraverso l’inizio della “sua rivoluzione Gentile”, senza schemi tattici che tengano per una squadra che sappia essere un camaleonte durante le partite più avverse, che sappia sfruttare tutti i 22 giocatori e non poi gli undici titolarissimi. Saper sfruttare le caratteristiche dei giocatori a sua disposizione senza avere i paraocchi.
Lo si era già percepito alla sua prima conferenza, ma ora, nel giorno del saluto al ritiro visto all’opera, si ha sempre più convinzione che il cambiamento sia in atto: il futuro è nelle sue mani. Avanti, Re Carlo.