Allan e l’arte di insegnare calcio dinanzi a Neymar

Al Parco dei Principi c’è chi – per 90 minuti e rotti – ha insegnato calcio. E no, non è il giocoliere Neymar, pur artista con il pallone tra i piedi. Ma l’arte del giuoco del calcio non si limita all’estro. Al colpo di tacco, alla rabona, alla finta di corpo. Pregevolissime giocate, certo, ma talvolta senza un vero fine. Il calcio non è un all-star game in cui ha la meglio chi accumula più figurine. No, c’è un universo dietro. E anche la tattica è un’arte nobile. E lo è – soprattutto – la tenacia.

C’è chi ha insegnato calcio ieri al Parco dei Principi. E no, non era Neymar né Mbappé né Cavani né Verratti. Ha il numero 5 ed è uno dei brasiliani meno brasiliani che il calcio abbia mai conosciuto. È – in definitiva – Allan. Un concetto, più che un calciatore. Un nome che ricorrerà negli incubi di qualche parigino o, quantomeno, in quelli di Mpabbé. Ha insegnato calcio, Allan, nel più genuino dei modi.

Ha pressato, ha corso, ha ringhiato, ha lottato, ha sapientemente gestito il pallone. Un mastino con l’eleganza dei migliori. Un calciatore che – al momento – i meri aggettivi non potrebbero descrivere. Perché per conto suo parla il campo, con l’eloquenza dei migliori oratori. Vederlo correre per sradicare un pallone e accompagnare l’azione offensiva dieci secondi dopo: è un capolavoro.

Pur muovendosi in una determinata zolla di campo, il lavoro riesce sopraffino, coinvolge e influenza tutto l’andare della partita. Perché nelle sue zone si muovono Neymar, Mbappè e Di Maria, i tre dal talento più naturale. Quelli che, se tutto va male e se la squadra si segmenta, la risolvono con l’estro. Quelli che vendono t-shirt e quelli che tappezzano le stanze dei ragazzini di poster.

Eppure, quel brasiliano ancora semi-sconosciuto si rivela un cliente piuttosto scomodo. Chiedetelo a Mbappé, che a pochissimi minuti dal fischio finale ancora se lo trova alle calcagna, a sradicargli il pallone, a sgomitare per tenerlo stretto e a guadagnare un calcio di punizione. Il tutto sotto lo sguardo confuso e sorpreso del giovane Kylian. Ah, dopo aver recuperato quel pallone Allan crolla a terra, stremato: un’immagine da brividi.

Vien da riflettere su cosa possa aver lasciato Allan a Parigi: il suo nome, di certo. Neymar – consiglio spassionato – potrebbe mandare un messaggino a Tite: “Oh, lo convochi?”. E lascia un’impressione “di mercato”: se Allan giocasse nel Paris Saint-Germain, porrebbe un rimedio a quella frattura gigantesca che c’è tra la difesa e l’attacco dei parigini. E insegnerebbe calcio ai giocolieri della squadra di Tuchel. Solo un pensiero, sia chiaro. Per ora lotta, sgomita, corre e sogna in azzurro.

Vittorio Perrone

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