Saranno quelli di sempre, nel cuore delle curve. A contestare la società, per un po’. A tifare, per larghi tratti. Ultras e fedelissimi. Poi gli avventurieri degli altri settori e qualcuno che alla baldoria del venerdì sera preferisce accompagnare il Napoli. Per il resto, uno spettacolo per pochi intimi, a guardare la desolazione dei sediolini vuoti e già sbiaditi.
I NUMERI
Napoli-Empoli è racchiusa nei numeri: in 20 mila (a fatica) sugli spalti, tra chi ha acquistato il tagliando del singolo evento e chi, invece, quello del mini-abbonamento. Ah, a proposito: anche la vendita delle tessere per le gare contro Roma, Empoli, Chievo, Frosinone, Spal e Bologna è andata a rilento. 10 mila (!!!) abbonamenti staccati, in numeri ancora ufficiosi.
È disamore? È pessimismo in una coraggiosa quanto utopistica rimonta sulla Juventus?
Di certo il caro biglietti, stavolta, non è un capro espiatorio. Perché con l’Empoli la linea scelta è stata quella dei prezzi popolari, e anche i mini-abbonamenti – nelle cifre – erano (e sono) alla portata. Lungi da noi fare i conti nelle tasche dei tifosi, ma è opportuno e lecito plaudere le scelte e i dietrofront di De Laurentiis. Dall’esplosione della polemica per il caro biglietti in Napoli-Fiorentina (una presa di posizione contro il Comune) il Napoli è tornato sui suoi passi con alcune iniziative degne di nota. I mini-abbonamenti per la Champions sono andati a ruba, quelli per il campionato – invece – no. I prezzi, in media, sono calati. Ma i numeri non decollano: con il PSG per la prima volta in stagione sarà superata quota 50 mila. Strano, per una squadra che ha già giocato contro Milan (34.474), Liverpool (37.057) e Roma (30.037). In altre epoche il San Paolo si sarebbe addobbato a festa in tutte le tre circostanze.
LE RAGIONI DEI TIFOSI
Ma i desaparecidos da stadio, in un’arringa difensiva, opporrebbero le loro – sostenibili – ragioni. Tipo le condizioni carenti del San Paolo. Che, effettivamente, non è un gioiello. Ma che è lo stesso vecchio rudere sia contro l’Empoli che contro il PSG. Oppure si potrebbero menzionare le querelle tra il Napoli e il Comune, i capricci e i dispetti reciproci. E gli abbonamenti scomparsi da un giorno all’altro.
O ancora: venerdì, 2 novembre, a pochi giorni dal PSG. Per Napoli-Empoli auspicare il pienone era difficile. E per il Liverpool? Per la Roma? Sembra evidente: il pubblico del San Paolo s’è distaccato. Disamorato no, defilato, forse, sì. E l’allontanamento non è giustificabile con i risultati tecnici, che non sono scarsi, anzi. Il Napoli – contrariamente alle premesse estive – c’è.
Scoraggia certamente il -6 di ritardo dalla Juventus, scoraggia qualche episodio extra-campo su cui i tifosi hanno polemizzato. E d’altronde nessuno può obbligare un tifoso ad andare allo stadio. Saran pure affari loro, no?
LE RAGIONI DI DE LAURENTIIS
Giusto, giustissimo. Eppure, la scelta di lasciare il San Paolo desolato stride un po’ con le polemiche estive. Quelle sugli abbonamenti, sul caro biglietti, sul mercato, su un Napoli che neppure sul piano tecnico convinceva. Come se, in quel periodo, De Laurentiis stesse allontanando i tifosi dallo stadio. A circa quattro mesi di distanza, l’impressione è che si sia verificato l’effetto contrario: i tifosi si sono allontanati per conto proprio. Un harakiri dell’arte di supportare la squadra dal vivo.
Tornano attuali le parole del patron sul nuovo impianto: un teatro da 20 mila posti. Pochi, effettivamente. Ma è anche vero l’opposto: un impianto da 60 mila posti è eccessivo. È una testa troppo grande per un corpo di dimensioni più ridotte. D’altronde, il San Paolo regala un colpo d’occhio degno di nota in poche occasioni a stagione. Compromesso: uno stadio da 40-45 mila posti che possa colorarsi interamente d’azzurro in ogni occasione.
Intanto, ciò che resta e il San Paolo, con i suoi numeri carenti: sì, sarà pur definibile dalla parola con la “C”, ma vuoto risulta davvero troppo triste.
Vittorio Perrone
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