Chiamatelo come vi pare, anche usando un soprannome di mourinhana memoria come Special Two, ma non pensate di trovarvi di fronte una persona arrogante o superba. Perchè sebbene i suoi siano natali nobili, caratterizzati da visconti e baroni, André Villas-Boas pensa, studia, agisce e allena solo per valorizzare coloro che ritiene i principali interpreti del calcio, ossia i calciatori stessi. Nulla è lasciato al caso per il tecnico più giovane della storia a vincere una coppa europea (33 anni e 213 giorni), e tutto ebbe inizio grazie ad un’amicizia particolare, quasi “paterna”.
FATHER ROBSON – E’ il 1994 quando Bobby Robson inizia ad allenare il Porto e va ad abitare nello stesso palazzo del giovane André, prossimo all’iscrizione all’ISEF di Oporto e grande appassionato di videogiochi e statistiche sul mondo del pallone. Appresa la presenza dell’illustre coinquilino, Villas-Boas stabilisce un primo contatto con Robson consigliandogli il modo migliore per utilizzare i suoi attaccanti nelle partite di Champions League. Da un semplice messaggio si passa a chiacchierate sempre più intense che mettono in mostra tutte le capacità di André e portano il tecnico inglese ad inserirlo nel proprio staff. Robson, inoltre, manda Villas-Boas a studiare presso la Federcalcio scozzese trovandogli anche un ruolo come osservatore nell’Ipswich Town di George Burnley. Per Sir Bobby André è come un figlio, e nel giro di pochi anni, grazie alla sua enorme influenza, fa ottenere al giovane lusitano i patentini A, B e C della UEFA. Appena ventitreenne allena la Nazionale delle Isole Vergini: una piccola e deludente parentesi che lo ricondurrà in madrepatria diventando assistente di José Mourinho alla guida del Porto. Un incarico incentrato sullo studiare i punti deboli avversari.
IL GRANDE SALTO – Il lungo e soddisfacente sodalizio con lo Special One (Porto, Chelsea e Inter) si conclude nel 2009 in seguito alla decisione perentoria di Villas-Boas di intraprendere una personale carriera da allenatore. Il 14 ottobre di quell’anno accetta la guida dell’Académica, compagine portoghese che giace nei bassifondi della classifica. Nel giro di pochi mesi la squadra ottiene un’incredibile serie di risultati postivi che le permettono di ottenere l’undicesimo posto finale. Un’exploit che fa notizia e spinge il Porto ad ingaggiarlo per la stagione 2010/2011. Per Villas-Boas diventerà l’anno della definitiva consacrazione: Supercoppa di Portogallo, campionato vinto con cinque giornate di anticipo, Taça de Portugal (coppa nazionale) e Europa League ai danni dello Sporting Braga. Il 23 giugno 2011 il tecnico annuncia sul sito ufficiale del club la volontà di lasciare la panchina dei “Dragoni” poiché all’orizzonte c’è il versante “Blues” di Londra.
ONLY THE BRAVE – Per assicurarsi la sua guida tecnica, il Chelsea sborsa circa 15 milioni di sterline. Una cifra record, complice anche la precedente clausola rescissoria stipulata col Porto. Villas-Boas chiarisce subito le sue intenzioni descrivendosi come un uomo ambizioso e pronto a vincere ancora, effettuando all’occorrenza anche scelte impopolari e coraggiose. Il suo modus operandi lo porta ad esclusioni eccellenti (Lampard, Anelka, Drogba) in favore di una linea verde e di giocatori ancora lontani dal diventare idoli dello Stamford Bridge. Allo stato attuale il Chelsea è a sei punti dal Manchester City (avendo vinto però lo scontro diretto) e con una qualificazione agli ottavi di Champions ottenuta solo nell’ultimo turno. Non il massimo della vita per la società di Roman Abramovich, dedita allo “spendi e spandi” da diversi anni ma con una bacheca che lamenta l’assenza di un trionfo prestigioso a livello continentale. Il crocevia per la conferma o l’esonero di Villas-Boas potrebbe essere proprio lo scontro europeo con il Napoli. Qualunque sarà l’esito, André ci metterà la faccia tipica di chi fa dell’onestà intellettuale il cardine della sua esistenza.
Giorgio Longobardi
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