Dagli inviati all’Università degli Studi di Napoli Luigi Vanvitelli, Vittorio Perrone e Alessandra Santoro
Carlo Ancelotti sta per intervenire nel corso di un incontro indetto dall’Università della Campania Luigi Vanvitelli, in ambito del progetto “
Oltre le due Culture”. La tematica odierna sarà
“La gestione del gruppo e delle risorse umane in un top club dagli anni Novanta ad oggi”.
Contro il Sassuolo c’è stato l’esordio di Gaetano in primavera, quanto conta costruire la personalità del giovane calciatore per farlo diventare un professionista? “Quando un giovane arriva in prima squadra il percorso è già stato fatto dagli allenatori precedenti, famiglia ed esperienze che ha vissuto. Il lavoro che facciamo noi in prima squadra su questi calciatori è minimo perché il giovane arriva già formato”.
Quanto è importante la figura di uno psicologo nella squadra? “La figura dello psicologo è molto importante, ma ci vuole anche l’accettazione di quest’ultimo da parte del gruppo. Se è un imposizione non funziona”.
Come ci si comporta con i giocatori che vengono meno alle regole e ad esempio fanno tardi la sera? “Ci sono delle regole interne di disciplina gestita dagli stessi giocatori. Se si arriva in ritardo si paga la multa e finisce lì. Ci sono delle regole di comportamento che devono essere rispettate. Meglio un giorno di vacanza che uno di allenamento fatto male”.
In quanto si può vincere con un progetto vincente? “Il Napoli ha costruito un progetto vincente, con giovani promettenti. Quanto tempo ci vuole per vincere? Impossibile dirlo perché la vittoria è legata a piccoli dettagli. Il Napoli è un gruppo che può vincere, in quanto tempo non lo so. Ho la sensazione che non ci sia da aspettare tanto. La squadra è forte, gruppo giovane e sano e c’è l’intenzione di investire ancora”.
Con la sua venuta al Napoli c’è stato un cambiamento nel turnover e lettura della partita in corso, cosa che prima non avveniva. Questa capacità di lettura rispecchia la sua esperienza in campo? Organizzazione dei calciatori in campo dipende dall’avversaria e da ciò che succede in campo? “La lettura della partita è un qualcosa di molto soggettivo. La mia percezione cambia anche quando vedo la partita da un’altra angolazione, ad incontro finito. L’organizzazione di una squadra non dipende dall’avversario sennò ogni giorno la squadra cambierebbe identità. La nostra squadra deve averne una precisa, seguendo alcuni principi del gioco del calcio, che possono variare a seconda della squadra. In generale non cambiano i principi, ma il sistema di gioco, che secondo me si deve strutturare in base alle caratteristiche dei giocatori e non come in molti pensano, e cioè che siano i giocatori a doversi adattare”.
Gestione del gruppo, ha mai avuto giocatori che hanno remato contro? “Non penso di averne trovati, certamente non si può andare d’accordo con tutti. Nella gestione il rischio è rappresentato da chi non gioca, perché si perde continuazione e intensità di allenamento. A livello psicologico ci si deve focalizzare soprattutto su di loro. Il turnover è molto importante, non per l’aspetto fisico, ma per l’aspetto psicologico di un gruppo”.
In merito ai cori razzisti ed episodi di violenza negli stadi. “Io faccio l’allenatore e ho avuto la fortuna di essere all’estero, lì dove queste cose sono state debellate. Credo che si deve trovare una soluzione perché non se ne può più. Insultano Napoli quando Napoli non c’entra, non si sa perché. Il presidente della federazione sta facendo dei passi avanti. Noi non abbiamo mai chiesto la sospensione, ma solo che in caso di insulto razziale o territoriale in qualsiasi partita, essa deve fermarsi temporaneamente per poi ricominciare subito dopo”.
Come si fa a gestire i calciatori che sono più prime donne? Come si gestisce il senso di appartenenza in merito ad un trasferimento? “Il senso di appartenenza penso sia legato ai calciatori, per l’allenatore è fondamentale. Molti club puntano sui più giovani perché ne hanno tanto. Per l’allenatore è diverso perché il suo ciclo ad una squadra è breve. Prime donne? Cristiano Ronaldo è prima donna per i media, negli spogliatoi invece sono tutti uguali. Ci sono giocatori che hanno caratteristiche caratteriali e in quel caso l’allenatore deve cercare di mantenere un equilibrio, non è una gestione complicata. Un giocatore non è bravo per caso, non è solo questione di talento. Oggi il talento se non corredato di personalità e prestanza fisica non vale niente, a differenza del passato. Ho avuto giocatori molto professionali come Cristiano Ronaldo e Ibrahimovic, cosa assente a mio tempo. Oggi lavoriamo con intensità, ma si sono ridotti i tempi di lavoro”.
Come si fa a gestire qualcuno che vuole andare via dalla società? “Che vada via e basta!”
Questo il discorso di apertura di Carlo Ancelotti all’inizio dell’incontro:
“Siamo una 50ina di persone, la gestione è molto diversa rispetto al passato. Oggi c’è anche la necessità di delegare un po’ la gestione del gruppo.
Il calcio è cambiato molto, è cambiato tutto, le regole, la composizione dei gruppi. I rapporti con la stampa e con i media che una volta era molto più diretto. Oggi il giocatore non ha più nessun rapporto diretto con il giornalista. Il linguaggio del calcio è cambiato: una volta si parlava di formazione, oggi si parla di sistema di gioco, che è la disposizione in campo dei giocatori.
L’Italia è divenuta famosa per il catenaccio e contropiede, adesso se ne parli ti viene l’orticaria, si parla invece di ripartenze. Oggi c’è la fase di possesso e di non possesso, prima c’erano le faci di gioco. Il calcio è abbastanza semplice, ma lo si vuole rendere complicato. La cosa complicata è la gestione delle persone che lavorano tutti i giorni: ogni persona ha il proprio carattere, è un lavoro di squadra, ma in questo gruppo ci sono tanti egoismi perché tendiamo a pensare più a noi stessi che agli altri.
In una ricerca ho letto che il 90% di questi ragazzi è sotto stress, perché c’è la ricerca dell’impossibile.. essere i più belli, ricchi, i migliori. Il consiglio? Pensare un po’ agli altri. L’altruismo in un gruppo è una componente molto importante. Per me è importante che tra me e i giocatori ci sia una relazione di pari livello, sullo stesso piano. Ci deve essere anche la capacità di poter ascoltare. Io sono convinto che più la trasmissione è diretta, più il giocatore ha voglia di fare. Non c’è un sistema di gioco che vince, ma devono essere i giocatori a scendere in campo convinti.
Per gestire c’è bisogni di autorevolezza e credibilità per aver efficacia. Ogni volta che la mia squadra ha avuto momenti difficili mi hanno detto di dover usare la frusta, ma perché? Io non so usare la frusta, a volte la uso, ma non è nelle mie corde. Non voglio esecutori di ordini, perché quelli sono soldati”.