Sacchi: “L’unico sostituto di Sarri a Napoli poteva essere Ancelotti. Lo sento spesso e mi ha detto che ha in mente una novità…”

L’ex tecnico del Milan, Arrigo Sacchi, ha presentato il big match di giornata tra Milan e Napoli con una lunga intervista rilasciata ai colleghi della Gazzetta dello Sport. Ecco quanto evidenziato dalla nostra redazione:

“Il primo, 3 gennaio 1988: Milan-Napoli 4-1. Una delle più belle prestazioni in assoluto del mio Milan. Vantaggio di Careca, poi ci scatenammo: Colombo, Virdis, Gullit, Donadoni, pali… Un assalto continuo. Van Basten, infortunato, era tornato a vederci dopo un po’ di tempo. Mi disse: ‘Mister, non pensavo che la squadra potesse cambiare così in quattro mesi’. Dopo la sconfitta alla seconda con la Fiorentina, mi aveva criticato sui giornali e la domenica successiva lo portai in panchina a Cesena: ‘Così puoi darmi qualche consiglio’. Dopo qualche mese, Marco aveva cambiato idea… L’estate successiva arrivò Rijkaard e, per mostrargli come giocavamo, gli feci rivedere quel Milan-Napoli. Rimase impressionato: ‘Che pressing… Mai visto Gullit correre così senza palla’. In effetti Ruud era stato mostruoso”.

Non male neanche al ritorno: vittoria-scudetto al San Paolo. 

“Accusammo il pari di Maradona a fine primo tempo. Trovai i giocatori in spogliatoio con la testa tra le mani. Serviva una scossa. Dissi: ‘Sono così sicuro di vincere che metto un’altra punta’. E feci entrare Van Basten per Donadoni. Ruud giocò un altro partitone. Vincemmo 3-2, segnò anche Marco, il San Paolo ci applaudì dimostrando la sua grande cultura sportiva”.

Anche Maradona aveva un debole per lei. 

“Voleva portarmi al Napoli, mi disse: ‘Con me e Careca lei parte sempre da 1-0’. Da avversario era un bel problema. Spiegavo ai miei: se la palla ce l’abbiamo noi, non può farci male. Se anche ce l’ha il Napoli e noi pressiamo chi deve rifornirlo, al massimo gli arriva una palla sporca. Se poi gli arriva e lo pressiamo, abbiamo qualche speranza di cavarcela…”.

Troppo diverso Diego dal suo ideale di giocatore? 

“Sarebbe stato la classica eccezione alla regola. Avrei dovuto cambiare il Milan, ma ci avrei provato molto volentieri”.

Ingeneroso con Ottavio Bianchi dire che il Milan aveva il gioco e il Napoli i giocatori? 

“Sì, perché anche il Napoli aveva un gioco, molto italiano. Evani era sempre preoccupato di De Napoli che era più veloce. Gli dicevo: di che ti preoccupi? Se ti punta, in un attimo, ti trovi assistito da due-tre compagni. Lui al massimo può contare su una chiusura di Renica”.

Oggi il gioco lo fa più il Napoli.

“Io consigliai a Berlusconi di prendere Sarri: ‘Dissi, presidente se non si possono più fare gli acquisti di un tempo prenda un bravo allenatore che dia un’identità forte alla squadra’. Anch’io quando arrivai dal Parma ero un signor nessuno. Sarri invece l’identità l’ha data al Napoli. L’ha fatto crescere in forza e bellezza. Guardate Koulibaly, era solo muscoli, ora è uno dei migliori al mondo”.

Il suo amico Ancelotti?

“Solo lui avrebbe potuto conquistare i Napoletani dopo Sarri e nessuno avrebbe potuto fare meglio di così. Con la Lazio ha giocato benissimo. A volte Carlo però dovrebbe dimenticarsi di essere italiano. A Liverpool per esempio è stato troppo tattico. Con Maksimovic bloccato ha tolto un uomo in fase offensiva alla squadra e Klopp ha imperversato con i terzini offensivi. Ricordo quando lo mettevo nella gabbia di Milanello insieme a Rijkard, uno contro uno. mi diceva: “Mister ma cosa le ho fatto di male?” Ci sentiamo spesso. So che sta pensando ad un nuovo ruolo per Zielinski, ma il ragazzo deve trovare più continuità. Fabiàn mi piace tanto è concreto ed essenziale”.

Insigne?

“Mi incantò già nell’under 20 di Francesco Rocca. Ma il talento non basta. Insigne deve convincersi di essere il simbolo di Napoli ed imporsi il massimo della professionalità e delle ambizioni per fare il salto di qualità. Se darà sempre tutto non sbaglierà più partite nemmeno in Nazionale e sarà sempre trascinatore. In certi contesti come la Juventus, tutti danno sempre tutto. Forse a Lorenzo avrebbe fatto bene un’esperienza altrove”.

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