L’attaccante del Napoli, Simone Verdi, è stato ospite dell’Università di Salerno, per un convegno organizzato con gli studenti in favore del rapporto tra sport ed educazione. Questo quanto raccontato dall’attaccante azzurro:
“Ci vedete sempre per quello che siamo dietro le telecamere. Io ho 26 anni ma ho cominciato tanto tempo fa vicino Pavia, avevo 4 anni. Il Milan mi prese ad 11 anni e da lì è cominciato un po’ tutto, è stata una grande scuola che mi ha fatto crescere come uomo prima ancora che come calciatore. Se non andavi bene a scuola non potevi nemmeno fare allenamento con la tua squadra. Questo mi ha aiutato molto. Ho dovuto fare molti sacrifici, non potevo frequentare gli amici, ma sono stato ricompensato.
Napoli è una città diversa da tutte le altre. È passionale e ce lo fa sentire, con Laura ci piace girare ma non mi dà alcun fastidio l’affetto dei tifosi. Vuol dire essere apprezzati dalla gente.
Non ho mai pensato a quando smetterò di giocare, ma sarà importante gestire bene la vita anche prima. Non sono uno che spende tanto, faccio una vita normale grazie anche alla mia compagna che mi aiuta molto. La vita privata va di pari passo con la vita calcistica. La scuola mi piaceva, anche se studiavo poco, mi piace stare a contatto con la gente anche se sto poco sui social.
Il mercato oggi è cambiato, molti giovanissimi soffrono la pressione della loro valutazione. Io sono passato al Napoli a 26 anni, ho fatto fatica un po’ nei primi mesi perché ho sentito tutta la differenza tra il campo e gli spogliatoi. Lo scorso anno mi bastava dare l’80% per essere il migliore della squadra, quest’anno non mi basta più. È una bella sfida.
Il momento più bello? Il debutto con la Nazionale è un’emozione unica. Ne sono orgoglioso. Ora non faccio parte del gruppo ma ci sto lavorando. Il periodo peggiore l’ho vissuto a Bologna: ero partito fortissimo e poi mi ruppi la caviglia, sono stato fuori per tre mesi e in quel periodo avevo perso le mie certezze. Gli infortuni sono pesanti da sopportare, ma se li prendi nel giusto modo ti fanno crescere.
Il mio obiettivo ora è la continuità a Napoli, voglio mettere in difficoltà Ancelotti per essere titolare. Il mister è stato bravo ad inizio anno senza stravolgere la squadra. Ad inizio anno ho faticato fisicamente ma ora sto bene, voglio dimostrare tanto alla società perché ha creduto in me e mi ha portato qui.
Il ruolo? Quando mi chiama in causa io mi faccio sempre trovare pronto al di là della zona di campo in cui posso giocare. Il campionato non è ancora chiuso, vogliamo vincere domenica per riavvicinarci sperando possa sbagliare qualcosa la Juve. Fare gol? L’importante sarà vincere, chi segnerà non è importante. Europa League? L’obiettivo di tutti è vincere qualcosa, quindi vogliamo arrivare fino in fondo.
Quanto accaduto a Koulibaly a Milano non dovrebbe mai accadere, il calcio è uno sport che va affrontato con leggerezza d’animo. Ma l’informazione della gente non affetta solo il calcio, è ovunque. Kalidou a Napoli non ha compagni di squadra ma fratelli, tutti l’hanno difeso e aiutato.
Con Hamsik non c’è stata alcuna rottura, la sua è stata una scelta di vita e va accettata perché ha dato tantissimo alla squadra e alla città. Ci manca perché non era solo un capitano ma uno che aveva peso all’interno dello spogliatoio. Non è il primo ad andare via, non sarà l’ultimo, ma siamo certi che resterà sempre un simbolo per Napoli.
La numero 9 l’ho scelta perché tutti mi conoscevano con quello a Bologna. Non sento il peso di Higuain che l’ha indossata prima di me. Gol con lo Zurigo? C’era poca gente al San Paolo ma era il mio primo gol europeo è sempre una bella emozione”.
Dal nostro inviato, Gennaro Arpaia.