Ancelotti racconta: “De Laurentiis rispetta il mio lavoro, non ha mai preteso nulla. Napoli in crescita, è destinato a vincere!”. E su Maradona e Ibrahimovic…

L’allenatore del Napoli, Carlo Ancelotti, ha parlato ai microfoni di Sky Sport durante la rubrica curata dal giornalista Paolo Condò. Tanti i temi trattati dal tecnico azzurro, che ha ripercorso anche la propria carriera. Ecco quanto evidenziato:

Se ho fatto meglio come giocatore o allenatore? È difficile dirlo, da giocatore si è molto più responsabili di se stesso, come allenatore si possono mascherare meglio i limiti. A volte da giocatore mi vedevo lento, poco lucido, mentre riesco a mascherare i limiti da allenatore. Nostalgia di quando giocavo? No, non sono un tipo nostalgico, ho fatto tutto quello che volevo fare come giocatore. 

Liedholm è stato molto importante a livello caratteriale, mi ha aiutato molto nella mia formazione, anche nella mia vita privata. Lui era un allenatore molto ironico, calmo e tranquillo, non dava molta importanza all’evento, non si arrivava alla partita in maniera nevrotica. Punto di riferimento alla Roma? Sicuramente quando è arrivato Falcao era un punto di riferimento, Di Bartolomei ed altri. 

Rapporto con Zidane? Zizou è sempre stato un ragazzo straordinario, molto timido come giocatore ed anche come assistente, anche se come assistente avevamo un rapporto diretto e continuativo. Ha sempre mostrato grande carisma, il suo modo di approcciarsi, anche quando era calciatore, secondo me non è riuscito a mostrare tutto quello che aveva. Ha fatto tanto, per le qualità che aveva avrebbe dovuto fare molto più gol”. 

Quando arrivi alla Juventus non hai rapporto facile con una parte della tifoseria, colpa della partita di Perugia?
“La vittoria dello Scudetto a Perugia avrebbe rasserenato l’ambiente, invece dopo quella partita si era incancrenito ancora di più. Alla delusione del secondo anno poi la società ha deciso di cambiarmi”.

Ti infastidiva l’etichetta di eterno secondo?
“No, alla Juve era normale vincere, ma credo che di aver fatto il massimo per quello che era la Juve in quel periodo, era un ciclo che doveva cambiare. Con la cessione di Zidane è cambiata la fisionomia della squadra e la Juve è tornata a vincere velocemente”. 

Il passaggio al Milan.
“Sicuramente il Milan è casa mia, anche se mi sono trovato molto bene anche a Roma. La chiamata del Milan era inattesa, lo stesso giorno avrei dovuto firmare per il Parma, poi mi chiamò Galliani mentre stavo andando a firmare col Parma, non mi sono comportato bene nei loro confronti. L’albero di Natale? È stata un’invenzione dettata dalla grande qualità che avevo in quel momento”.

Liverpool, tragedia o rivincita?
“La finale di Liverpool del 2005 non l’avevo mai più rivista, l’ho rivista per caso mentre facevo zapping, e avevamo fatto una grande partita”.

Quale Champions col Milan ha avuto miglior sapore, con la Juve o col Liverpool?
Quella del 2003 (contro la Juve, ndr) senza ombra di dubbio, fu la prima vittoria e cancellai l’etichetta di eterno secondo”.

Dopo il Milan comincia il giro d’Europa, prima tappa col Chelsea. Perchè al secondo anno Abramovich non era più entusiasta?
“Non so cosa sia capitato. Abramovich parlava molto poco, non ho mai avuto molte discussioni, è un rapporto che è scemato nel tempo. In quell’esperienza lì ci sono stati dei colloqui prima di essere ingaggiato, dove mi chiedevano come alleno, come tratto i giocatori, credo sia stata una buona esperienza. Ho avuto 7-8 colloqui, dopo di che mi hanno detto ok”.

A Parigi ti sei sentito fuori dal giro?
“No, tutt’altro. Ho trovato una società carica, vogliosa di costruire un nuovo progetto, una società che mi dava grande motivazione. Quando mi arrivò l’offerta del Real avevo già rotto col il Psg. Tutti pensano che io sia andato via per il Real ma non è vero, se mi trovo bene in un posto perchè dovrei andare in un altro? A me Parigi piaceva molto, mi trovavo bene con i giocatori. Ibrahimovic? Allenarlo è la cosa più divertente del mondo, non hai nessun problema sotto il punto di vista caratteriale, della serietà, ti fa divertire. Lui sarebbe ancora in grado di fare la differenza, potrebbe anche ritornare. Lo prenderei al Napoli? Certo che lo prenderei, costa troppo, se viene con lo scontro lo prendiamo. Potrebbe venire anche gratis, ma Ibra non verrà! (ride, ndr)”.

Il rapporto con Ronaldo?
“La sua immagine fuori sembra da extra terrestre, forse ci gioca, ma dentro lo spogliatoio è uno che va d’accordo con tutti. Se Ronaldo mi ha cercato per la Juve? “No, già ci sono stato“.

Bayern?
“Il primo anno, con l’aiuto di Rumenigge, le cose sono andate bene, al secondo anno le cose si sono complicate, era il momento di ringiovanire e modificare la metodologia del lavoro che mi sembrava vecchia, era uno scontro di filosofie”.

Cosa ti ha spinto a scegliere Napoli?
“La Voglia di tornare in Italia. Non è che erano tante le squadre in Italia dove posso andare, mi piaceva il progetto della società e mi piaceva anche il Napoli di Sarri. Il Napoli può vincere in Italia, non so tra quanto tempo, ma è una squadra destinata a crescere“.

Maradona l’avversario più forte che hai visto?
“Di quelli con cui ho giocato contro si, sicuramente il più difficile da marcare. Cercavo di dargli qualche colpo ma lui è uno molto corretto, non si lamentava mai, e poi uno non si lamenta non c’è gusto (ride, ndr)”.

Com’era il Napoli di Maradona?
“Grande squadre, grande ambiente, giocare qua era incredibile, la gente durante la notte cercava di disturbarci, c’era grande rispetto. C’era una rivalità sportiva, non c’era niente altro, odio o violenza, due grandi squadre che si affrontavano”.

Allenare la squadra di Napoli, diventi un po’ più paladino? Ti sei lanciato nella lotta contro i cori di discriminazione.
“È vero che Napoli è presa di mira, ma è un problema generalizzato. La violenze e l’insulto non c’è più da nessun altra parte, soltanto in Italia. Non è più normale da nessuna parte, siamo vecchi! Il fatto di dover andare allo stadio con la polizia, non va bene”.

Rientrare in un campionato polemico com’è stato?
“Mah, molto meno devo dire la verità. Ci sono meno polemiche, la rivalità deve essere mantenuto, l’Italia è cresciuta tra la rivalità tra campanili, piccoli paesi che si scontravano, ma niente di più”.

Com’è De Laurentiis?
“È uno dei pochi presidenti che ha grande rispetto del mio lavoro: chiede informazioni, ma senza mai mettere la propria voce nelle scelte. Gli piace ascoltare ma si ferma lì e poi è un grande imprenditore: vuole una società sana”.

Ti chiede la vittoria con  divertimento?
Non ho mai sentito il presidente dire ‘oggi dobbiamo vincere’, ma più che altro fare un bello spettacolo, far felici i tifosi”.

Il passaggio di Sarri alla Juve facilità il lavoro?
“Qui a Napoli no! Il mio lavoro è facile, mi diverte e non l’ho mai considerato difficile”.

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