Era partita come un ronzio, fino a diventare chiacchierio, per poi giungere all’ultimo stato: l’incessante rumore della verità. L’avvicendamento tra l’allievo e il maestro si compie non senza atroci realtà cui guardare in faccia. Carlo Ancelotti, il leader deposto, da una parte, il restauratore Rino Gattuso dall’altra, su quella panchina ancora calda. Scotta eccome quell’ambiente ancora rovente che Ancelotti lascia alle spalle, quell’inferno in cui si accumulano tutti i mali del Napoli.
A farne le spese è Carlo, il provvedimento più repentino e immediato, nell’attesa di tempi più maturi per una reale rivoluzione. Intanto, Gattuso parte già con tre handicap: la classifica mortificante, i problemi nello spogliatoio e il ticchettio incessante del tempo. È una corsa contro Kronos per cercare di infondere il suo spirito nel Napoli. Non c’è nulla di mistico o paranormale, solo una trasmissione di idee dal rapido uso e consumo, la ricetta per rimettere insieme con lo scotch i pezzi di una squadra.
Questo post in breve
COSA PORTA GATTUSO
Cosa può dare, nel concreto, Gennaro Gattuso a questo Napoli? Le urla nello spogliatoio e la cazzimma? No, per carità: quello potrebbe farlo chiunque. Rino Gattuso non è la belva manesca e facilmente irritabile che viene descritta. È un ex campione d’Europa e del mondo, è un allenatore, è un professionista. Al Napoli sicuramente potrà infondere un po’ di polso nella gestione dello spogliatoio, aiutato dai senatori, se ne avranno la voglia. Ricostituire le motivazioni, lavorare sulla testa, ricorrere al vecchio bastone e alla utilissima carota, rispolverare l’unità di intenti di un gruppo che fino all’altro-ieri navigava nella stessa direzione.
Detto dell’animo nuovo e più belligerante che Gattuso cercherà di dare alla sua squadra, cosa può restituire sull’aspetto tecnico? Ordine e rigore tattico, qualche meccanismo codificato in più e meno spazio all’inventiva, riportare gli uomini chiave al centro del progetto e i più talentuosi in ruoli che si confacciano alle loro caratteristiche. Una mano gli deve necessariamente arrivare dalla società a gennaio: un regista, se si vorrà svoltare al 4-3-3, un vice-Allan e un esterno di centrocampo vero in caso di 4-4-2. Se nell’insieme sbucassero anche un terzino sinistro e Ibra… chissà.
La parola d’ordine in campo, però, è: equilibrio. Quello che manca nel fragilissimo Napoli scollato di Ancelotti, dove si portano tanti uomini – anche se in modo confuso – a ridosso dell’area e si rimediano beffe in contropiede con estrema facilità.
La centralità dei leader tecnici, l’equilibrio, l’ordine, il polso e le motivazioni. Cosa manca alla ricetta? Ah, giusto: gli obiettivi da porsi. Il quarto posto è lontanissimo, ma è il punto cardine su cui poggiano le deboli speranze del Napoli. Si parte da lì, inserendoci nel mezzo una Champions da giocare con la consapevolezza di chi non ha nulla da perdere e una Coppa Italia da provare a portare a casa.
COSA NON SI PUÒ CHIEDERE
Tutto ciò ci porta al rovescio della medaglia: cosa non si può chiedere, invece, a Rino Gattuso? Che risolva i problemi nello spogliatoio, che rimetta insieme le frange. Sì, insomma… l’ammutinamento, le multe. Il tentativo di ricostituire l’armonia, con forte decisione, va fatto, ma nessuno ha la bacchetta magica. La possibilità che la situazione sia già compromessa non è da scartare. Analogamente, il campo: si parla di moduli, sistemi e idee di gioco come fossero sciocchezze. Per importare un’idea di gioco e darle l’occasione di materializzarsi, ci vogliono tempo, lavoro, qualche margine d’errore, una preparazione tattica e fisica adeguata. Gattuso non avrà, nel suo Napoli, nessuna di queste caratteristiche.
È una scommessa e come tale non assicura un miglioramento. È un salto nel buio, ma fatto prima che crollasse tutto. Saranno le prossime partite a dire se Gennaro Gattuso sia davvero l’uomo giusto per restaurare il Napoli e farlo attraccare in un porto sicuro a giugno. Per ora, non resta che vivere alla giornata.
Vittorio Perrone