Un fallo da rosso ai danni di Gargano non sanzionato nemmeno con un’ammonizione.
Un “rigore nerazzurro” negato.
Per i napoletani inesistente, per gli interisti sacrosanto e, pertanto, questi ultimi riconoscono nel direttore di gara l’unico artefice della loro disfatta che gli costa l’eliminazione dalla Coppa Italia.
Tanti altri episodi contestati da entrambe le squadre.
Rammarico, disappunto, rabbia, su un fronte.
Sull’altro versante sorrisi, buoni propositi, il ritorno dell’esultanza liberatoria, la riproposta di “O’ surdato ‘nnammurato “ a fine partita, la ricomparsa di quel nome annunciato più e più volte da Decibel Bellini, speaker del San Paolo e abile mattatore delle emozioni azzurre: “Edinson???” (lui chiede) “Cavani!!!” Il pubblico risponde!
Una, due, tre, volte, tutte le volte che la butta dentro.
C’è sempre fiato in corpo da spendere per urlare a gran voce quel nome. Non si è mai troppo stanchi, delusi o infreddoliti per rispondere a quel suo richiamo.
Un “rigore azzurro” concesso e trasformato dal Cavani dà il là alla festa azzurra.
Il Matador fa pace con il dischetto dopo l’errore di Siena e si lascia travolgere dall’animato calore del pubblico del San Paolo, più forte perfino del gelo dettato dal clima che frena il consueto “streep-tease” di Mazzarri in panchina, l’unico che sembra non trarre refrigerio dall’ardore partenopeo.
Anzi, il mister appare contrariato dall’atteggiamento dei tifosi.
Perchè, chi era presente sugli spalti ieri, ha osservato l’evolversi delle dinamiche di gioco prima di “dare voci alle proprie emozioni”.
Le squadre in campo si studiano, soprattutto nei primi tratti di gara e, al contempo, il pubblico studia “il suo Napoli” per capire se si trova al cospetto dei “guerrieri della notte”, disposti a non concedere nulla all’avversario o dei “galantuomini delle15”, arruffoni e distratti capaci di dispensare generosissimi doni ai loro antagonisti.
Tattica in campo, tattica sugli spalti.
Si rumoreggia, ci si spazientisce al cospetto di un passaggio impreciso o di una manovra di gioco non sfruttata al meglio.
Ma ci sono soprattutto i fischi che piovono sul “nominato del gruppo”: Gokhan Inler.
Lo svizzero appare in palese “disagio” in mezzo al campo, la palla tra i piedi gli “scotta come una patata bollente”, disorientato, in una serata in cui gli altri titolarissimi riescono a riscattarsi, pur non facendo grandi cose, è l’unico che rimane ancora in ombra, sbaglia stop e disimpegni “facili”.
Da “uno come lui” non ci si aspetta simili errori e forse il macigno che porta legato ai piedi quando scende in campo si chiama proprio “aspettative”.
E’ innegabile che lo svizzero prevalentemente vittima di una condizione psicologica in grado di influenzare, e non poco, la sua prestazione agonistica. La sua sostituzione all’81’ per lasciare spazio a Blerim Dzemaili, viene vissuta come una “liberazione” dal pubblico di fede azzurra e forse anche dallo stesso Inler. Tuttavia è palese tutto il suo rammarico.
In momenti come questo, di certo, un applauso motiva e sprona di più rispetto a un fischio. Probabilmente è anche per questo che Mazzarri non ha gradito l’atteggiamento del pubblico. Il tecnico ha seguito con attenzione “entrambe le partite”: quella che si disputava in campo, ma anche quella che, al contempo, si svolgeva sugli spalti. Ed è per questo che dopo il rigore segnato da Cavani, si è lamentato dell’atteggiamento del pubblico di casa che ha iniziato a cantare con maggiore convinzione solo dopo che la squadra è passata in vantaggio.
“Adesso cantano?” Ha polemicamente dichiarato il tecnico azzurro ed il suo commento è stato prontamente raccolto all’inviato a bordo campo di Raiuno: Enrico Varriale.
L’atteggiamento dei tifosi può essere discutibile, ma relativamente incomprensibile.
Alla luce delle ultime prestazioni degli azzurri, smarrimento e perplessità sono lecite.
Il fatto che fossero lì, nonostante il freddo polare e non solo, è di per sé sinonimo di smisurato ed incondizionato attaccamento alla maglia.
Il calcio si sa, è animato da una serie di dinamiche variabili ed imprevedibili, una di queste è sicuramente il rapporto tra squadra e tifosi. Tuttavia è assodato che entrambe le parti, si recano allo stadio e lottano e soffrono per il medesimo obiettivo, sempre: la vittoria.
Il pubblico del San Paolo voleva fortemente battere l’Inter perchè in ogni tifoso esiste la consapevolezza che vincere la CoppaItalia significa “viaggiare” in Europa, al seguito di quelle maglie azzurre, anche nel corso della prossima stagione, a prescindere da quella che sarà il posto che occuperà il Napoli in classifica alla fine del campionato.
Questa gente ha troppa fame di sfide avvincenti, di vivere sulla loro pelle quelle emozioni vietate ai deboli di cuore, di sfregarsi le mani in attesa che un sorteggio decreti il prossimo club contro il quale la loro squadra si scontrerà.
E per questo sentono di non doversi scusare con nessuno, soprattutto perchè questo Napoli può e deve conseguire questo traguardo.
Luciana Esposit