Da tempo ormai si parla di rinnovi di giocatori insoddisfatti del proprio contratto. Nello spogliatoio, in particolare in quello del Napoli, si respira aria di malcontento. Non quello riguardante la performance in campo, il risultato o la condizione della squadra, ma la freccia punta verso un lato oscuro, quello che, chi più e chi meno, prevale sul resto: l’aspetto economico.
Gli atteggiamenti di presunzione dei calciatori moderni lascia perplessi. Le continue richieste di aumento dell’ingaggio, le imposizioni contro le decisioni della società, senza dimenticare la mancata presenza alla cerimonia di premiazione soltanto perché il destinatario del premio è un’altra persona. Quello moderno sembra una parodia, riuscita anche male, di quello che era il calcio classico.
Questo post in breve
LA DIFFERENZA TRA IL TIFOSO E IL GIOCATORE
In particolare spesso i calciatori sono additati come ”mercenari”, ovvero persone che prestano i propri sforzi solo ed esclusivamente in cambio di compenso, pensando solo al guadagno. Chi soffre per le sconfitte della proprio squadra è sempre il tifoso.
Il tifoso ama, sostiene e porta in alto il nome della squadra che rappresenta la propria città. Il tifoso è colui che nel bel mezzo di una tempesta non abbandona la nave, mentre i giocatori cercano vie di salvezza abbassando le scialuppe per andare verso navi più solide e stabili.
UN TUFFO NEL PASSATO, GIOCARE IN CAMBIO DI UNA BAMBOLA
E allora quanto è cambiato il calcio durante la sua evoluzione? Quanto il denaro ha cambiato la concezione e l’approccio che gli stessi calciatori hanno verso questo sport? Completamente, ci verrebbe da dire.
A tal proposito è piacevole raccontare un vecchio aneddoto riguardante il club nord-irlandese del Crusaders Fc, che alla fine del XIX secolo riscuoteva due penny a partita da ogni giocatore “per l’onore di vestire la maglia“. E ancora la storia dell’ala sinistra Gabino Sosa, nato a Rosario in Argentina – che fece parte dell’attacco della nazionale albiceleste per gran parte degli anni venti – firmò il suo primo accordo professionale con il Club Atletico Central Cordoba in cambio di una bambola per la figlia malata.
Il calcio ha perso questi valori, quelli che avvicinavano i giocatori al popolo. Ecco perché, per tornare ai temi di casa Napoli, a nessun tifoso è piaciuto l’atteggiamento dei calciatori nel momento dell’ammutinamento.
Qualsiasi impiegato, operaio o dipendente deve accettare le decisioni del proprio superiore. E i calciatori non possono essere da meno. Rifiutarsi di partecipare al ritiro è stata una mancanza di rispetto. Chi veste la maglia di una squadra di calcio deve sentirne il peso, l’importanza. Deve sapere per chi gioca e non pensare per cosa gioca. La maglia ha un peso, un po’ come le parole. E dunque ogni volta che la si indossa bisognerebbe dare il 100%, per non mancare di rispetto a chi di quei colori, e di quella maglia, ne fa’ una ragione di vita.
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Rosa Monopoli