Brescia, Gastaldello: “Giocare? Dico no! Non ci sentiamo sicuri, abbiamo paura! Non abbiamo mai fatto tamponi”

SERIE A CORONAVIRUS – Oggi, sulle pagine del noto quotidiano La Repubblica, è possibile leggere un’intervista al difensore centrale Daniele Gastaldello, del Brescia, che esprime tanta preoccupazione sul possibile ritorno della Serie A. In uno dei luoghi colpiti più pesantemente dal Coronavirus (appunto Brescia) aleggia ancora molta paura, anche tra le Rondinelle. Qui, di seguito, un estratto dell’intervista rilasciata dallo stopper dei biancazzurri:

SERIE A CORONAVIRUS, L’INTERVISTA A DANIELE GASTALDELLO

Serie A Coronavirus Gastaldello
Daniele Gastaldello (36), difensore del Brescia

«Giocare? Io dico no». Daniele Gastaldello non usa giri di parole: difensore, capitano del Brescia, una delle città più colpite dal virus che ha paralizzato il mondo. «Credo che al centro e al sud non sia arrivato davvero quello che si è visto in Lombardia. E per fortuna, dico. A Brescia tutti siamo stati toccati, tutti noi conosciamo qualcuno che ha subito la tragedia sulla pelle, abbiamo scoperto quanto poco basti per rovinare una famiglia»“.

Gastaldello, dopo tutto quello che è successo a Brescia voi sareste pronti a giocare?
«Se lo chiedono a me dico di no. E poi non ci sono neanche i presupposti, non ci sentiamo sicuri. Ci chiedono di riprendere ad allenarci e di tornare in campo subito, concentrando dodici partite in un mese e mezzo: è ingiusto, ne va dell’incolumità di tutti i giocatori».

Voi non volete ripartire quindi?
«Io parlo per me e per i compagni: se il prezzo della ripresa è farci male anche seriamente, non ne vale più la pena».

I giocatori dell’Eibar, in Spagna, sono stati chiari: «Abbiamo paura». Ne avete anche voi?
«Sì, abbiamo paura. Siamo esposti, tutti, non solo noi calciatori, ma magazzinieri, fisioterapisti, massaggiatori. Tutti a contatto, inevitabilmente. Sento che la soluzione sarebbe chiuderci in ritiro due mesi: non ha senso, è contro natura, siamo professionisti ma anche esseri umani, abbiamo mogli, figli. Non c’è nemmeno un protocollo ancora».

Ora che cosa vi aspettate?
«Che chi ha il potere di decidere decida, non si può rimandare ancora. Per la Uefa il campionato deve finire a inizio agosto. È passata una settimana di maggio e noi ancora non ci alleniamo».

Tra voi del Brescia non risultano casi di contagio: avete avuto qualche sospetto?
«Mai fatto un tampone. Ma anche se veniamo dalla zona rossa, nessuno di noi ha mai avuto sintomi: certo, ce lo siamo chiesto, ci siamo telefonati spesso per sapere come stessimo: se lo abbiamo avuto lo scopriremo soltanto quando ci faranno i test prima degli allenamenti».

In questa quarantena cosa le resterà?
«Il tempo con mio figlio. Da due anni ho lasciato la mia famiglia a Siena, dove abbiamo una casa e la mia compagna ha un’attività. Ho provato a portarli a Brescia ma non si erano ambientati, serve stabilità. Li vedevo poco, ho riscoperto il gusto di aiutare i bambini a fare i compiti. E in quasi due mesi mio figlio non mi ha mai chiesto di poter uscire: gli bastava avermi lì».

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