Un doppio ex di eccellenza Gianfranco Zola che è riuscito a far breccia e a restare nei cuori dei tifosi napoletani e in quelli dei blues. Alla vigilia di Chelsea-Napoli l’ex numero 10 ha voluto racchiudere le sue emozione e i suoi pensieri sottoforma di articolo per Il Mattino.
È l’articolo che non avrei mai voluto scrivere, o meglio, forse avrei voluto parlarvi delle emozioni che avvolgono la mia mente a poche ore da Chelsea-Napoli un po’ più in là, diciamo a maggio, per la finale della Champions League.Parlare di questa sfida vuol dire parlare di due squadre che sono rimaste profondamente nel mio cuore, nella sfera delle mie emozioni e soprattutto parlare di due città così profondamente lontane, ma nello stesso tempo così vicine, nell’amore per il calcio e per la musica, nel loro sfarzo, nella loro storia, nell’essere capitali.Sono approdato a Napoli che ero un ragazzino di belle speranze, appena sposato, ed al cospetto di mostri sacri del calcio, Diego e Careca per tutti; li guardavo con soggezione, li ammiravo, carpivo silenziosamente i loro segreti. In una giornata di gennaio dei primi anni Novanta, con uno scudetto in petto da poco conquistato, qui è nato Andrea, il mio primogenito, e da qui, mentre guardavo da casa mia il mare di Marechiaro, sono entrato in punta di piedi nel calcio che conta, le prime grandi soddisfazioni di una carriera che iniziava a prendere forma: la nazionale, l’investitura quale erede di Maradona, con quella maglietta numero 10, che man mano mi pesava sempre di meno. E sullo sfondo una città meravigliosa, un popolo troppe volte non capito ma invece da amare, che mi ha sempre dimostrato il suo affetto incondizionato e che ancor oggi, non più di un mese fa, mi ha accolto con l’amore e la spontaneità che solo la gente vera è in grado di dimostrare.Ricordi? Tanti: il primo gol in serie A contro l’Atalanta, le gite in barca, la buona cucina, i miei compagni, l’aria di riscatto e rivincita che si respirava in città, il secondo scudetto, la mia definitiva maturazione come uomo e come calciatore, le passeggiate con mia moglie e mio figlio, il meraviglioso clima di una città che a stento conosce l’inverno, gli amici che incontro di nuovo, sempre con piacere, e che mi fanno sentire uno di loro come se non fossi mai andato via, i monumenti di una città che ha mantenuto la sua immagine di capitale della cultura, l’amore dei tifosi per la squadra e per la città, con la loro costante presenza anche in trasferta. Amo l’assoluta identificazione della squadra con la città: un’emozione mai più provata!Un po’ di anni dopo, nel novembre del 1996, mi trasferii in un’altra nazione, cosa non usuale all’epoca per un calciatore italiano, in una squadra del quartiere più bello di Londra, ma che da anni non riusciva più a vincere alcun trofeo, con uno stadio in rifacimento e con una curva che non esisteva perchè vi stavano costruendo l’albergo che oggi si vede alle spalle: il Chelsea Village.Il Chelsea, dove sono arrivato a trent’anni, mi ha dato la consacrazione come atleta, mi accolto in maniera fantastica, mi ha dato fama e notorietà a livello mondiale, mi ha fatto sentire portabandiera di una italianità troppo spesso derisa e criticata all’estero.Qui vi è nato il mio terzogenito Samuele, qui è cresciuta la mia famiglia consentendo ai miei figli di avere opportunità diverse, qui ho conosciuto il golf, mia grande passione degli ultimi anni; il Chelsea mi ha dato l’opportunità di vincere in Gran Bretagna ed in Europa, di diventare il giocatore più amato della storia del Chelsea dalla tifoseria e, da allora, nessun giocatore ha più indossato la mia maglia numero 25, ancora in vendita nel Chelsea store. In un calcio così fisico ero il primo giocatore di talento che si era adeguato ed esprimeva appieno le sue potenzialità.E sullo sfondo: Londra, così multirazziale, così viva, così aperta e pronta ad accogliere qualsiasi persona venisse da un paese straniero. Ci sono arrivato con grande umiltà, senza pensare che all’epoca provenivo da un calcio più tecnico e competitivo, mi sono subito adeguato con grande riguardo a quelle che erano le loro abitudini, il loro modo di concepire il calcio e la vita, il loro rispetto per la gente e per la natura. Io, che arrivavo da un paesino della Sardegna, ho imparato a vivere in una città con oltre 10 squadre di calcio, sei aeroporti, ove c’è vita 24 ore al giorno, con pioggia e smog e nello stesso tempo una campagna meravigliosa e mille opportunità.Ho imparato molto a Londra, ho ricevuto tanto dalla gente e dai tifosi: quando sono tornato in Italia per giocare per la squadra della mia terra mi hanno organizzato una festa indimenticabile: lo ”Zola tribute match”, 35.000 persone in delirio per me, per ringraziarmi di quello che avevo dato ai Blues in campo e fuori: se ripenso a quel giro di campo da solo, con lo stadio intero che urlava il mio nome, ho ancora i brividi addosso… Ma pensiamo al presente e soprattutto a domani.Cosa sarà domani Stamford Bridge colorato di bleu e di azzurro…Il Napoli parte da un meritato 3 a 1, costruito all’andata con grande forza e caparbietà e sicuramente questo darà un iniziale vantaggio psicologico agli azzurri, anche per il modo in cui hanno vinto la prima partita. Tuttavia, il Napoli dovrà fare molta attenzione, poiché il vantaggio (non solo numerico, ma anche psicologico) è effimero… Soprattutto nei primi venti minuti di gioco, son sicuro che il Napoli dovrà fare tantissimo per contenere la foga iniziale che il Chelsea ci metterà: questa potrebbe risultare la chiave del match.In partite di questo genere, quando una squadra deve recuperare un risultato tale, è di fondamentale importanza mettere una forte pressione all’avversaria per raggiungere il risultato ottimale.Dal punto di vista tecnico si affrontano due squadre con ottime qualità: probabilmente il Chelsea complessivamente ha qualcosa in più, anche se il Napoli è una squadra estremamente imprevedibile e, soprattutto, è dotata di grandissima tecnica in velocità, qualità nel calcio moderno veramente molto importante.Dal punto di vista tattico, ci sono due sistemi di gioco a confronto: il 4-3-3 del Chelsea ed il 3-4-3 del Napoli. I due sistemi hanno in comune il fatto che giocano entrambi con tre attaccanti ed il Chelsea, in teoria, dovrebbe avere un uomo in meno a centrocampo, ma in realtà, siccome i due esterni di centrocampo del Napoli si abbassano molto sulla linea dei difensori, alla fine il modulo del Napoli diviene un 5-2-3. Quindi il Chelsea potrebbe avere un calciatore in più a centrocampo, il che consentirebbe di controllare appieno questa zona nevralgica del campo.Viceversa il Napoli giocherà nella migliore condizione, perché potrà giocare in contropiede e sicuramente questo sarà un grande vantaggio, soprattutto considerando che i due centrali della difesa del Chelsea sono molto bravi a difendere nella loro area, ma fanno fatica negli spazi ampi.I giocatori chiave saranno per il Chelsea i difensori centrali, perché dovranno giocare contro attaccanti velocissimi con caratteristiche per loro difficilmente controllabili; gli altri giocatori importanti tali da far saltare i meccanismi del Napoli potrebbero essere Lampard e Mata.Per il Napoli i giocatori fondamentali saranno Gargano e Inler a centrocampo e gli attaccanti che, se in forma come sembra, riusciranno a creare seri problemi al Chelsea.I tifosi napoletani dovranno essere di grande supporto alla squadra e dovranno moltiplicare le loro forze per far sentire tutta la loro vicinanza alla squadra, visto che lo Stamford Bridge sarà un tripudio di calore: i cinquemila napoletani dovranno essere il classico dodicesimo uomo in campo contro i trentamila supporters inglesi. Detto questo, il mio augurio personale è che sia una bellissima partita e che prevalga la squadra più meritevole in campo per espressione e qualità di gioco. In bocca al lupo alle mie due squadre preferite!
Fonte: Il Mattino