Come un déjà vu che si ripete, il Napoli di Gattuso fa un passo in dietro e ritorna al principio con l’obiettivo di non subire gol. Uno scopo che era accettabile all’inizio di questa nuova era, nata in piena emergenza per correre ai ripari di un danno taggato ammutinamento. E solo in quel momento era comprensibile la scelta difensiva, quella di aspettare il proprio avversario soffrendo in silenzio in attesa di uno spazio per contrattaccare, ma a distanza di un anno si ha avuto modo di elaborare un progetto più solido finalizzato ad obiettivi importanti e questa idea tattica non può essere più ammessa.
Partire col piede giusto e poi ritrovarsi a fare marcia indietro senza un motivo, perché riflettendoci una vera ragione non c’è: Come si è fatto ad arrivare a questo punto? Parlare di rinascita dopo un momento buio e ad un tratto tirare in ballo l’esonero senza domandarsi ma potrà essere la strada giusta? I veri motivi sono a noi ignoti, o forse no, probabile che ne siano tanti è il vero problema sta nel decifrare quello principale, quello di maggiore rilievo in grado di dare una svolta.
“Cambiamento” parola che viene nominata forse troppo spesso in ambito Napoli e proprio perché si ha sempre un’illusione che magari sia la volta buona per realizzarlo ma poi si ritorna con i piedi a terra entrando nella vita reale mettendo fine ai sogni, quelli che mancano da un po’ nella città partenopea.
Modulo nuovo dedicato al pareggio: ma per ripetere l’impresa serve altro
La città vuole sognare, desidera tornare ad emozionarsi e così è anche per la squadra e Gattuso che vogliono riportare a casa l’impresa riuscita l’anno precedente conquistando la Coppa Italia. Iniziano con l’Empoli agli ottavi e poi con lo Spezia ai quarti raggiungendo l’Atalanta in semifinale, partite che ricordano un po’ il cammino antecedente iniziato col Perugia battuto da soli due rigori di Insigne che ingannavano tutti a credere in un altro fallimento degli azzurri. Una disfatta non avvenuta, anzi, terminatasi con l’aggiudicarsi il trofeo battendo la sua antica rivale Juventus. Ma ora lo scenario cambia e il Napoli ci riprova, stavolta partendo appunto dall’Empoli e poi dallo Spezia con poker nei soli primi quarantacinque, ma in semifinale ci sono i bergamaschi carichi ad aspettarli allora si cambia rotta e si prosegue col sacrificio rimescolando le carte e impostando un modulo diverso. Il 4-3-3 e il 4-3-2-1 perdono il ballottaggio e dunque si parte col 3-4-3, del tutto rivoluzionario che ricorda la partita a San Siro contro l’Inter con una differenza: Di Lorenzo sulla fascia destra che faceva da jolly per impostare una difesa a 4 solo se fosse stato necessario rimanendo con l’obiettivo di spingere sulla fascia. Formazione totalmente difensiva quella azzurra, intimorita dal suo avversario, che con gli attaccanti dai cinquanta metri dalla porta riesce solo a negare il gol alla Dea con il grande aiuto di Ospina ma senza cercare la rete della vittoria. La squadra regge e incassa lo 0-0 ma per la qualificazione ora ci vorrà la vittoria a Bergamo e lì dovrà emergere il vero Napoli, quello caparbio e cinico e non timido o impacciato. Una sfida che metterà alla prova i partenopei ponendoli difronte all’evidenza dove necessiterà mettere in atto le proprie capacità, alzare l’autostima e sacrificarsi con lo spirito di squadra uniti per la vittoria, come già fatto la volta scorsa con i neroazzurri per accedere all’affascinante finale che li rese protagonisti quel 17 giugno 2020.
Sara Madonna
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