E’ ora di svegliarsi. Mazzarri infuriato: “Abbiamo rovinato la festa”

Nuvole di fumo all’orizzonte. Rabbia e sigarette slim. Le solite, le sue. Quelle che Walter Mazzarri accende e spegne ogni giorno, da chissà quanti giorni. Ne avrà fumate più del solito, dopo la partita con il Catania. Perché quel pareggio, quella doppia rimonta subita in 11 minuti, in perfetto stile-Napoli ma al contrario, lo ha trasformato in un tizzone ardente. Arrabbiato come mai, da quando è azzurra la vita. Chiedere alla porta del suo ufficio all’interno dello spogliatoio della squadra al San Paolo: domenica, il tecnico era talmente incavolato che l’ha spaccata. Che grinta. La stessa che servirà al Napoli a Torino contro la Juventus. Prima di tutto, però, il giorno della verità: domani si torna in campo, tutti insieme, faccia a faccia. Squadra e allenatore.

LO SFOGO – E allora, il Mazzarri che tutto sommato ti aspetti. «Perché abbiamo rovinato la festa e mi girano molto le scatole» . Una frase pronunciata dopo il 2-2 davanti alle telecamere con la voce roca. Graffiata dalle urla che della sfuriata sono state il sonoro. Uno sfogo legittimo, quello dell’allenatore. La reazione di un vincente che digerisce a malapena le sconfitte e non tollera proprio gli sprechi. Sempre pericolosi e ancor di più lungo un cammino tortuoso per definizione e ora anche più in salita. La sfuriata a caldo, dicevamo: parole e colpi alla porta – spaccata – del piccolo studio ricavato all’interno dello spogliatoio del San Paolo, dove si rintana liturgicamente prima e dopo le partite. Le conseguenze di un pareggio che dovrà necessariamente insegnare più di qualcosa.
 
IL CONFRONTO – Capita, sia chiaro. E di certo reazioni così sono il sintomo chiaro della fame e della convinzione: Mazzarri è vivo più che mai, non accetta ma non s’arrende, e considerando il rapporto schietto e da sempre molto costruttivo con i giocatori, è scontato immaginare che domani alla ripresa parlerà guardando i suoi dritto negli occhi, per chiudere tutte le singole parentesi aperte domenica sera. Come quello di un coltello, l’effetto della partita con il Catania: le disattenzioni difensive e poi in fase di gestione del vantaggio; la turbolenta sostituzione di Lavezzi; il j’accuse di Cavani; l’analisi critica di Dzemaili; Pandev che reclama più spazio. Ferite aperte da chiudere, suturare in fretta come tradizione azzurra: l’era dei recenti successi, del resto, è sempre stata caratterizzata dalla forza di uno spogliatoio molto unito.
 
IL RIPOSO- Dopo la partita, comunque, Mazzarri ha approfittato della pausa di due giorni concessa alla squadra per raggiungere la famiglia a Empoli. Un po’ di serenità, di normalità; la spina staccata con cura dalla signora Daniela e da suo figlio Gabriele, e l’adrenalina in ghiaccio. Non in vacanza, ma almeno placata fino a domani dopo un ciclo frenetico di campionato, Champions e Coppa Italia. Quante emozioni, quante suggestioni da febbraio a domenica. E, pareggio e rabbia a parte, quante soddisfazioni: la finale di Coppa Italia e la missione terzo posto più che mai possibile. E poi un’imbattibilità in campionato che dura dal 29 gennaio (a Genova): 9 partite, 5 vittorie e 4 pareggi.
 
AVANTI TUTTA – Numeri come miele. Numeri importanti che, se il Catania non avesse strappato il pari, sarebbero stati celebrati con tutti i crismi. Il fatto, allora, è proprio questo: una squadra così, organizzata come poche in Europa e dotata di un enorme potenziale offensivo, avrebbe potuto vivere con maggiore serenità fino a maggio. Ma tant’è. E se la maturità non è ancora piena, conforta almeno la tenacia: l’irriducibile Napoli di Mazzarri ha sempre corso fino alla fine. Anche con il vento contro.
 
Fonte: Corriere Dello Sport

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