Roma-Napoli, fischio finale. Calciatori del Napoli piegati in due per la fatica e per l’ennesima beffa difficile da digerire. I mille tifosi accorsi all’Olimpico a capo chino, la delusione è tagliente. Ma basta un gesto per tornare a sorridere. Una cresta ancora lucida nonostante i 94’ di battaglia, accompagnata dal solito intramontabile Capitano, devia il tragitto verso gli spogliatoi e si lancia verso il settore ospiti. Applausi allo spicchio tinto d’azzurro, la maglia tra le dita, il bacio allo stemma e un urlo che è parso essere: “Io gioco per questa!”. Eccolo Marek Hamsik, quello che Napoli ama.
I cori dagli spalti dopo quell’atto dimostrativo sono un chiaro segnale. Un popolo passionale ha bisogno di beniamini di spessore, avvolti nella bandiera azzurra prima di ogni obiettivo economico. L’attaccamento dello slovacco, testimoniato dal rinnovo fino al 2016, è ben evidente nelle sue ultime prestazioni in campo. Reduce, come molti pilastri di Mazzarri, da un periodo abulico, Marekiaro ha sciorinato una serie di prestazioni di tutto rispetto. C’è anche da dire che nella fase di black out degli azzurri, per esigenze di formazione, era stato adattato come centrale di centrocampo e strappato ai suoi tradizionali inserimenti senza palla. Un ruolo che può ricoprire degnamente grazie alle sue doti tecniche, ma che non gli consente di esprimere tutte le sue potenzialità.
Tornato a galleggiare tra le due linee dalla partita col Novara, è parso già in quella serata più pimpante e volitivo. Nulla a che vedere però con il Marekiaro ammirato in Salento dopo quattro giorni. Pronti via e gol da cineteca, il fattore che ha ufficialmente innescato la rinascita del Napoli. Ma al di là della straordinaria rete un match da vero leader, sempre nel vivo del gioco con grande lucidità, senza mai tirare via la gamba. A caccia di spazi, si insinua come un’epidurale nelle maglie della difesa avversaria e attende l’attimo fuggente per dettare l’ultimo passaggio. E’ tornato. A suggellare la sua rinata costanza è stato soprattutto il secondo tempo di Roma. Ormai anche i sassi sanno che il Napoli di rimessa va a nozze, ma di Hamsik è piaciuta la saggezza tattica con cui ha supportato il lavoro di interdizione di Inler e Gargano. Spazzato via quel peregrinare in campo senza meta con l’aspetto vitreo da fantasma dell’Opera. Centinaia di palloni toccati, la capacità di assumersi senza timore le responsabilità che gli competono.
Queste gare, e per fortuna tante altre, spiegano per quale arcana motivazione ogni allenatore transitato sotto il Vesuvio lo ha sempre ritenuto indispensabile, anche in quei momenti di scarso rendimento nei quali la critica e parte della tifoseria ne implorava l’esclusione. Rara duttilità ed intelligenza con e senza palla, il contratto sarebbe da scolpire nella pietra. Intanto proprio l’accordo sul rinnovo sembra averlo rigenerato. Attenzione, lungi da noi fare delle illazioni sulla questione economica. Il calciatore ha sempre desiderato la maglia azzurra, forse la certezza di continuare ad essere parte integrante di un progetto che ama indistintamente gli ha restituito la serenità dei tempi migliori. Differenza di aggressività che ha ricondotto anche davanti ai microfoni. Dopo l’ennesimo tonfo contro l’Atalanta fecero molto discutere le sue parole, poi parzialmente smentite, che spogliavano il Napoli di ogni speranza Champions. Un calciatore rassegnato e forse, si pensò, con la testa altrove. Era solo delusione e rabbia, invece, che ha saputo poi tramutare in energia positiva da spendere in campo. Ieri, dalle pagine del suo sito, è tornato a ruggire: “Crediamo nel terzo posto”.
Un’ulteriore riprova che un calciatore necessita di stimoli e la fiducia della società può essere determinante. Il riferimento è ovviamente ai contratti in scadenza, anche non a breve termine, come nel caso di Morgan De Sanctis. In un finale di stagione così concitato abbiamo bisogno del miglior Pirata, non la copia sbiadita andata in scena nell’ultimo mese.